Nella nostra città migliaia di persone hanno perso il lavoro. L’unica prospettiva di impiego è a termine, precario, sottopagato. I costi della vita sono sempre di più alti e rappresentano ogni giorno l’esclusione di migliaia di persone dai diritti che danno dignità alla nostra comunità.
Non avere i soldi per fare la spesa per una dieta alimentare dignitosa significa avere il frigo vuoto o non potersi nutrire “come si deve”.
Non avere i soldi per pagare le bollette di acqua, luce e gas significa rischiare di stare al freddo, al buio, senza la possibilità di lavarsi o cucinare.
Non avere i soldi per rinnovare la patente, pagare la benzina, rifare l’assicurazione del motorino o pagare l’abbonamento al trasporto pubblico significa privarsi di possibilità per il lavoro, per la scuola, per l’accesso ai servizi.
Chi ha un reddito sotto i 18 mila euro di ISEE è costretto a indebitarsi. Il lato crudele e violento dell’ assenza di stato sociale sono gli sfratti, i pignoramenti, la svendita, l’ipoteca di ogni bene e risorsa disponibile. Tutto ciò è inaccettabile. Ma non siamo tutti sulla stessa barca. Negli anni di crisi le imprese e i più benestanti hanno moltiplicato i loro soldi. Stesso discorso vale per le banche e le grande catene di distribuzione organizzata. Pochissimi si arricchiscono a dismisura mentre la maggior parte della nostra gente si impoverisce.
Non avere i soldi significa essere ricattati ed impoveriti. Questa è la nostra condizione. Con questo appello vogliamo sollevare alcune questioni sugli strumenti necessari per mettere fine a questa disuguaglianza sociale. Abbiamo bisogno di unirci e non dividerci, perché la realtà della povertà non è affare di pochi e mette in gioco la possibilità di vivere dignitosamente.
Quello per cui ci battiamo è un reddito garantito, è l’accesso gratuito ai servizi necessari alla riproduzione delle nostre vite.
Sappiamo che questa misura è respinta da molti. Sono quelli che guadagnano imponendo di comprare a caro prezzo tutto ciò che ci serve per vivere, sono quelli che approfittano della debolezza economica delle famiglie per poter pagare meno il nostro lavoro. Sono quelli che comandano ed hanno molto potere: ma sono pochi, pochissimi, mentre noi siamo la maggior parte e abbiamo il dovere di rappresentare un mondo che non può più andare avanti in questo modo.
Le istituzioni, che decidono come amministrare le risorse pubbliche e come regolare i rapporti tra i bisogni delle persone ed il mercato, portano avanti politiche precise: privatizzare risorse e servizi, tagliare gli ammortizzatori sociali, diminuire gli stipendi, aumentare le tasse nei confronti dei poveri e dei nuovi poveri.
L’Inps regola la distribuzione delle risorse statali tramite una serie di contributi e pensioni che non assicurano più alcun antidoto alla povertà. Questo è un dato statisticamente provato. Ma le persone non sono numeri né dati sui computer. Hanno bisogni concreti, sensazioni, emozioni umane e reali: nei quartieri e nelle periferie della città c’è chi si è messo in movimento e pretende di decidere per se stesso.
I servizi della Società della salute sono “intasati” di persone i cui problemi derivano da condizioni socio-economiche e in molti casi portano a un peggioramento delle relazioni, della salute fisica e mentale. La necessità di ottenere beni e servizi ormai inaccessibili sul mercato porta sempre più persone a rivolgersi ai servizi sociali. Ogni “utente” e ogni “lavoratore dei servizi” sa quanto sia inadeguato questo strumento istituzionale per migliorare la vita. Le risorse economiche dei fondi sociali sono insufficienti a garantire una copertura adeguata delle spese di migliaia di famiglie. Le risorse devono aumentare. La qualità del servizio e dei regolamenti deve essere messa in discussione. Se una profonda differenziazione, arbitrarietà e scarsità regolano la possibilità di vivere dignitosamente, il conflitto è da costruire per l’accesso, libero, equo e garantito alle risorse.
Facciamo appello a tutti i singoli cittadini, alle associazioni di volontariato, alle forze sociali e sindacali, ai lavoratori dei servizi sociali ed a tutti coloro che giorno dopo giorno sono impegnati dentro questo mondo: incontriamoci, discutiamo e agiamo per costruire nella nostra città una campagna per la giustizia sociale e per il reddito garantito. Costruiamo risposte concrete ai fenomeni di isolamento, solitudine e crisi delle nostre vite.
Non è il momento di aspettare le briciole concesse come elemosina dall’alto. Stanno travolgendo le vite di intere generazioni e tocca a noi dare una svolta a questa situazione. Cambiare è possibile e necessario: basta povertà, vogliamo un reddito di base per ogni famiglia che ne ha bisogno!
Non vogliamo più pagare le utenze come merci di lusso, non vogliamo più andare alla Caritas per una dieta alimentare dignitosa.Costruiamo la carta dei nostri diritti per i quali lottare, vogliamo un pacchetto sociale di servizi e beni garantiti! Vogliamo reddito e possibilità!
BASTA CARITA’, GIUSTIZIA SOCIALE!