Ieri, 8 Marzo, anche a Pisa sesto sciopero globale transfemminista, con un’imponente partecipazione alla giornata di lotta promossa dal movimento Non Una Di Meno contro la violenza patriarcale in tutte le sue articolazioni, raccolta da alcuni sindacati, dal movimento di lotta per la casa, associazioni come Casa della Donna e tantissimə altrə.
Nei giorni precedenti numerose iniziative hanno attraversato i quartieri popolari di Pisa, da Cisanello a Sant’ermete, da La cella al CEP passando per il centro, con l’Apetour in cui veniva proiettato un video realizzato durante le assemblee di preparazione allo sciopero.
La mattinata è iniziata con vari disservizi, dovuti allo sciopero generale convocato dai sindacati di base in sostegno allo sciopero transfemminista, che ha visto centinaia di persone nei presidi sotto il comune e sotto la sede dell’INPS.
È stata da subito una grande sfida scioperare a causa della precarietà a cui le donne sono esposte, al rischio di perdere anche le briciole di salario e degli aumenti dei carichi di lavoro domestico e di cura. Le aziende o cooperative di servizi hanno approfittato della pandemia per licenziare o cambiare i turni, che sono diventati ingestibili soprattutto per le donne madri. Nelle scuole e negli ospedali il lavoro è diventato senza fine.
All’appello hanno risposto donne e persone Lgbt*qia+ di ogni età, a tutte e tuttə coloro che per la loro anzianità, per problemi di salute, perché hanno pensioni bassissime nonostante per anni abbiano lavorato dentro e fuori casa, per la loro disabilità, sentono tutto il peso dei tagli al welfare e dell’incapacità di una sanità pubblica devastata dalle privatizzazioni.
Dimostrando di non essere più disponibili, che ribellarsi contro l’oppressione è possibile e necessario. In questa giornata sono state messe in collegamento le diverse condizioni in cui viviamo e, conquistando una forza collettiva, abbiamo gridato a gran voce che non vogliamo più essere vittime o solo numeri nelle statistiche della violenza, dei femminicidi, della disoccupazione, della povertà.
Dalla piazza dello sciopero davanti all’INPS il concentramento si è spostato in piazza dei Cavalieri a portare solidarietà alle lavoratrici esternalizzate delle scuole di eccellenza Sant’Anna e Normale. In loro sostegno anche tantз studentз.
Alle ore 15.00 un concentramento studentesco ha attraversato il Polo Fibonacci per denunciare la violenza formativa universitaria e la forte violenza e discriminazione di genere negli indirizzi STEM (scienze, matematica, ingegneria, fisica). Centinaia di studenti hanno poi raggiunto in corteo il concentramento cittadino del corteo di Non Una Di Meno.
Dalle 16.30 il corteo di più di mille persone, con un percorso insolito ha raggiunto l’Aurelia con l’intenzione di attraversare simbolicamente tutte le periferie della città.
I Quartieri lasciati ai margini, luoghi sui quali ricade con violenza la spinta dell’urbanizzazione voluta e dettata da interessi privati. Davanti al Bar Livorno è stato affisso un testo del collettivo Lastesis, “Insieme bruciamo” per contrapporsi agli episodi di violenza inaudita che si sono consumati per quelle strade: non lasciare che tutto avvenga nell’indifferenza perché chi rimane a guardare in silenzio è complice!
Quest’anno lo sciopero è stato caratterizzato dalla lotta contro le guerre, contro la NATO e gli interessi nazionalisti russi, quando il corteo ha raggiunto la caserma della Folgore, sulla lunga recinzione è stato scritto lo slogan delle femministe russe “Siamo l’opposizione alla guerra, al patriarcato, all’autoritarismo e al militarismo. Siamo il futuro che prevarrà”.
Ribadendo che con lo scoppio della guerra in Ucraina, il riarmo dell’Unione Europea segna un nuova fase politica di fronte alla quale non possiamo rimanere in silenzio. “ Ci opponiamo all’aumento delle spese belliche che tolgono finanziamenti e risorse al welfare, all’istruzione, al sistema sanitario e a tutti quei settori che sono usciti distrutti da questi anni di pandemia.
La guerra è il riflesso più esplicito della violenza dello Stato, della violenza patriarcale e imperialista, che si rifletterà nei nostri territori e nelle nostre vite.
Ci opponiamo all’uso della forza militare, diretta e indiretta, da parte dell’UE per la risoluzione di questo conflitto, perché sappiamo che questi interventi non hanno mai portato pace, ma solo altre violenze e devastazioni: lo abbiamo visto in Siria, in Afghanistan, in Iraq, in Libia.
La denuncia esplicita della violenza strutturale delle frontiere, vedendo come i governi di tutto il mondo aprano le porte ai migranti solo quando ne hanno bisogno per fornire lavoro e servizi di assistenza sottopagati, o quando possono essere usati come strumento di negoziazione politica, mentre molti rimangono senza permesso di soggiorno e senza sicurezza sociale.
La marea ha scandito per ore tutti i contenuti che hanno animato questo sciopero, dall’affissione dei nomi delle donne e soggettività dissidenti, uccise dalla violenza patriarcale in Italia, ben 115 nel 2021, alla violenza istituzionale nelle scuole, nei tribunali, negli ospedali verso le donne con malattie croniche non riconosciute, dell’ Azienda Pisana per l’Edilizia Sociale fino alle università Pisane che ipocritamente si vantano di inclusività, eco-sostenibilità e più recentemente di un finto pacifismo mentre stipulano accordi con le aziende che producono armi (come Leonardo e Fincantieri).
La giornata si è conclusa sotto il Comune di Pisa, con la promessa che se i soldi del PNRR verranno destinati, ancora una volta, a privatizzare la città, da chi li attraversa e dalle comunità che hanno intorno, verrà duramente osteggiato.
L’inaccettabilità della consegna dello spazio Mala Servanen Jin – Casa delle donne che combattono alle solite cooperative, associazioni e organizzazioni che ripropongono, con le loro politiche paternalistiche e vittimizzanti, sofferenza e sfruttamento per le donne e le persone LGBT*QIA+ che la subiscono.
L’8M è stato un grande momento per far sentire la rabbia, i bisogni, le richieste della maggioranza della popolazione messa duramente alla prova da questi due anni di sofferenza, insieme a quelli di tante e tantə che in tutto il mondo, quello stesso giorno, hanno scioperato e invaso piazze, strade e luoghi simbolo all’unisono che se le nostre vite non valgono ci ribelliamo!