Ieri, nella giornata di sciopero transnazionale dell’8 marzo, migliaia di persone, donne, libere soggettività, si sono mobilitate a Pisa. Lo sciopero, convocato da Non Una di Meno in tantissime parti di Italia e del mondo, si è espresso nella nostra città in tutta la sua potenza e ricchezza, con un’adesione da tanti settori e una grande e variegata partecipazione ai momenti di lotta della giornata: l’esigenza di libertà e ribellione rispetto alle molte forme che assume la violenza patriarcale ha trovato unione e sintonia nel grido “Se ci fermiamo noi, si ferma il mondo!”.
Nella mattinata decine di persone si sono mosse in un corteo di biciclette, per passare da diversi luoghi emblematici della violenza patriarcale dello Stato e delle istituzioni. Prima tappa è stato il Tribunale di Pisa, dove è stata realizzata la performance “El violador eres tu”, per denunciare con rabbia e determinazione le responsabilità della “giustizia” statale nel vittimizzare e colpevolizzare le donne che subiscono violenza, con atteggiamenti omertosi o complici dei maschi violenti, anche in relazione alle decisioni sull’affidamento dell3 figli3 prese sulla base di una presunta e pseudoscientifica diagnosi medica come la Sindrome di Alienazione Parentale (PAS).
La biciclettata è passata per l’ospedale Santa Chiara per rivendicare ancora una volta la necessità di un accesso libero e gratuito all’aborto e alla salute riproduttiva: di fronte al Centro Aiuto alla Vita sono stati affissi manifesti recanti la scritta “La maternità è una scelta, diritto all’aborto”. Il corteo in bici è andato poi al rettorato dell’Università di Pisa, luogo sempre più ostile e nemico della salute mentale e relazionale dell3 student3, come mostra in maniera drammatica e inaccettabile il sempre crescente tasso di suicidi nella composizione studentesca, oppressa da carichi di studio, performance, competitività intesi come criteri “formativi” tanto distorti quanto dominanti. La mattinata si è conclusa con un presidio in Piazza di Cavalieri, di fronte alla Scuola Normale di Pisa, per denunciare il violento sfruttamento del lavoro di cura, femminilizzato e segregato all’interno di questi spazi. Insieme a lavorator3 e student3 delle due scuole di eccellenza pisane, sono state rivendicate dignità e valore per il personale esternalizzato, che svolge mansioni invisibilizzate e logoranti: come ha mostrato la scenografia di una piramide dello sfruttamento, alla base dell’”eccellenza” presunta e spettacolare di questi ambienti formativi, sta la violenza reale dello sfruttamento di chi cucina e sporziona nelle mense, di chi pulisce ogni notte le aule, di chi manda avanti biblioteche e collegi, o sposta pacchi e libri da un edificio a un altro.
Nel pomeriggio un corteo lungo e partecipato, si è mosso per le vie della città, bloccandone le strade principali. Innumerevoli interventi e azioni hanno nuovamente ribadito con forza l’esigenza di poter vivere pienamente e in sicurezza la propria città e le proprie relazioni, dove sicurezza significa cura, cooperazione e consenso, case e quartieri degni per tutt3, luoghi della formazione realmente adeguati alle esigenze giovanili. Al contrario, le persone sono sempre più espulse da questa città, tranne quando devono essere sfruttate in una delle sue tante industrie, per far posto a politiche securitarie e razziste, militariste e di speculazione.
La marea di persone, student3 di tutti i gradi, lavorator3 domestich3 e della cura, famiglie sotto sfratto, è passata per numerosi luoghi simbolo della violenza razzista, patriarcale e coloniale dello Stato: dall’INPS e l’INAIL, responsabili della crescente precarizzazione della vita lavorativa e inette nell’affrontare le dinamiche di molestie e subordinazione di donne e libere soggettività nel mondo del lavoro, fino a carcere, Questura e Prefettura. Il corteo ha gridato con rabbia che il sangue delle persone morte a Cutro, di chi subisce le conseguenze della guerra, l’avvelenamento e la devastazione dei territori umiliati e militarizzati, è di queste istituzioni e delle loro politiche razziste e belliciste, tra le forme più esplicite e aggressive della violenza patriarcale.
Ma l’8 marzo è stata anche una giornata per evidenziare le possibilità di lottare e resistere a tutto ciò: il corteo è passato per la Mala Servanen Jin, spazio transfemminista e sede di ritrovo di Non Una di Meno, da più di un anno sotto attacco delle istituzioni che vorrebbero farne una “Casa di Comunità” con i fondi PNRR, sottraendola alle persone, alle donne in lotta, che tutti i giorni ne fanno la propria casa contro la violenza domestica e istituzionale. La Mala, è stato affermato con determinazione, non è un luogo che vuole promuovere assistenzialismo e compatire chi sta male: è uno spazio per costruire autonomia delle donne, per costruire un’idea di “comunità” che non sia una parola vuota nella bocca dello Stato, ma sia sostanza della formazione e delle lotte contro il dominio e la manipolazione.
Davanti al carcere un saluto e un pensiero è stato rivolto a Cecca, compagna torinese del Movimento No Tav che da più di un mese è in galera per aver tentato di attaccare uno striscione davanti al tribunale di Torino in un presidio di solidarietà a una compagna pisana che, dopo un fermo di polizia in Val di Susa, era stata molestata dalle forze dell’ordine. Il corteo ha rivolto un saluto a lei e a tutte le persone detenute e private della libertà, in quella che è l’ennesima e abominevole forma di oppressione statale in una società sempre più repressiva e bisognosa di liberazione e lotta.
Il lungo percorso della manifestazione si è concluso in Piazza XX Settembre, con gli interventi delle donne in lotta per la casa, che hanno ribadito l’idea che la lotta per la casa è lotta per la vita: avere autonomia abitativa significa avere spazi di fuoriuscita dalla violenza, spazi per non subire la convivenza forzata con mariti, compagni, padri o fratelli violenti. L’autorecupero di Sant’Ermete è una possibilità concreta anche in questo senso, per riqualificare e ridare dignità a un quartiere a partire dalla donne in emergenza abitativa che lo possono abitare e che possano trovarvi casa e comunità.
La giornata di ieri è stata una grande occasione di sciopero, di lotta, di ribellione contro violenza patriarcale e sfruttamento, che restituisce concretamente l’immagine di tante lotte attuali e di tante altre possibili da costruire collettivamente in ogni ambito della personalità e della vita.
A seguire una galleria di foto della giornata