Ai microfoni di Controradio il Sindaco di Filippeschi si esprime sulla manifestazione di protesta che attraverserà Pisa il 29 aprile quando il Premier Renzi farà visita in città. Invita alla protesta pacifica, Filippeschi. Bisogna difendere in primo luogo l’immagine della città, dice il sindaco. Quale città? Quella che rappresenta lui, i suoi interessi e quelli del suo partito, costretto a rincorrere il ducetto fiorentino sull’aeroporto, nell’industria del mattone favorendo i vari Bulgarella di turno, lasciando occupare da tutti gli uomini del presidente gli apparati amministrativi della città. Una concorrenza scomoda, che ha costretto il Partito Democratico locale a mantenere un profilo basso sulla scomoda visita di Renzi in città, fulmine a ciel sereno nel pieno della partita per definire gli assetti interni del partito in vista delle comunali del 2018.
Pisa è una città spaccata. Filippeschi è un contafrottole con una carriera solo meno brillante di quella del collega di Palazzo Chigi: se Renzi viene a parlare di banda larga, innovazione e ricerca – dice – è un bene, perché a Pisa questi settori danno tanta occupazione. Che occupazione? A quali condizioni? S’è dovuto scomodare l’ex sindaco Fontanelli, l’eminenza grigia del PD pisano, dalle colonne del Tirreno di ieri per dire che qui di ripresa occupazionale non se ne vede neanche l’ombra, anzi, c’è piuttosto una situazione di “stagnazione, scenario che fa a pugni con l’idea di un cambiamento in atto”. Non proprio la vulgata renziana, che pure Filippeschi è costretto buttar giù.
Esiste una complessità materiale, fatta di vite umane, storie quotidiane che non rientra nel paese che riparte raccontato da Renzi. Gente che una guerra quotidiana la subisce ogni giorno, la combatte, ci resiste… altro che pacificazione! “In democrazia ci può essere chi protesta” aggiunge Filippeschi, contemplando l’opposizione, la critica e la contrapposizione come fatti accessori di quel rito stanco che si ostinano a chiamare democrazia. L’abbiamo imparato, della loro idea di democrazia non dobbiamo fidarci: è come il pesce, puzza di marcio dalla testa.
Pur imbarazzato dall’ingombrante presenza di Renzi, ciò che Filippeschi e il suo partito temono di più nella giornata di domani è che lo spettro della loro finta democrazia si trasformi in partecipazione reale e popolare; che venga loro a far visita quel pezzo di città che alle menzogne non riesce più a crederci. Temono di vederlo emergere, che prenda protagonismo e sicurezza del fatto che può contare solo a partire dal non accettare più di stare al gioco che ci hanno imposto, che scelga di ribellarsi, di irrompere nella scena perché consapevole ormai che stare nei binari predisposti, quelli che Filippeschi chiama della protesta pacifica, significa accettare in silenzio, ovvero sparire… continuare a subire e non contare nulla.
Per paura che un filo di realtà penetri al CNR sono costretti a confondere le carte, a mettere in giro la voce che Renzi non verrà per scoraggiare la partecipazione. Ma non basta la velina sul Corriere di stamani a distrarre dall’obiettivo cristallino che ormai in tantissimi a Pisa, nei contesti più disparati, si sono posti per la giornata di domani: essere dove sarà Renzi, raggiungere il CNR. Alla vigilia del corteo che partirà alle 8.30 da Logge dei Banchi per dirigersi verso il Presidente del Consiglio e contestarlo una parte di città vuole prendere insieme il posto della signora Licia di Pontedera, l’anziana signora pisana che riesce a parlare con Renzi. Se la signora Licia si è adoperata nel “ricordare al premier quello che deve fare” ora occorre fare di più: occorre costringerlo a sentirci perché abbiamo preso la decisione salda e ostinata di voler cambiare e decidere sulle nostre vite. Kiss me Renzi, stiamo arrivando è #lavoltabuona.