Quasi 24 ore di occupazione dei servizi sociali di Navacchio non sono bastati ancora per ottenere quello che le spetta. Houda ieri mattina ha voluto lo sfratto a Cascina scegliendo di non resistere all’ennesimo access: “quella casa non la voglio, sono stanca dei ricatti del proprietario, sono stanca delle umiliazioni degli assistenti sociali: ho diritto a una nuova casa e il servizio sociale deve aiutarmi”. Per questa ragione, dopo mesi di non risposte, “percorsi”, promesse, tranelli ieri il presidio dei servizi sociali di Navacchio dove la sua assistente sociale era solita riceverla è stato occupato per tutta la giornata, notte compresa. Ancora porte sbattute in faccia. Gli assistenti sociali si sono sottratti per l’ennesima volta al confronto con Houda, donna sola e madre di tre bambini piccoli, lamentando l’interruzione del servizio quando la protesta aveva occupato un ufficio permettendo il regolare svolgimento negli altri uffici degli altri colloqui in programma.
Le “soluzioni” sono state comunicate telefonicamente dalla sua assistente sociale: un’albergazione temporanea pagata e la promessa del pagamento delle caparre e dei contributi all’affitto al reperimento di un nuovo alloggio. Neanche la decenza di presentarsi fisicamente a parlare a Houda negli occhi. Poi le comunicazioni si sono interrotte. Telefoni staccati da parte degli assistenti sociali e nessun altro contatto. Oggi, dopo una notte di resistenza, Houda ha cercato di incontrare la sua assistente sociale, dottoressa Durso e si è recata presso la sede dei servizi sociali della Società della Saluta in via Saragat a Pisa. Le è stato risposto che era irreperibile mentre invece era rinchiusa in ufficio. Quando è salita a stanarla ne è nato un diverbio e Houda; provata dallo sfratto e dalla notte a Navacchio, ha avuto un malore. Houda sta lottando per vedersi riconoscere delle garanzie: l’ufficialità del pagamento delle caparre e dei contributi all’affitto per un nuovo alloggio. Lo fa lottando, senza sottomettersi. Gli assistenti sociali si prestano a una guerra che il servizio porta avanti per conto della politica contro l’utenza. L’emergenza abitativa viene ridotta a questioni di budget, di casi da assistere, di aiuti ai quali bisogna stare aggrappati come promesse e non come diritti che spettano a Houda come a tutti. Lo scontro è aperto.