Negli ultimi giorni a Pisa e in provincia l’emergenza abitativa si è manifestata con tutta la sua violenza; dopo la pausa di agosto gli sfratti sono ripresi, con proprietari e forze dell’ordine sempre più organizzati nel farli eseguire. Dall’altra parte la lotta per la casa non si è fatta trovare impreparata.
Lo sfratto di Houda. Lottare per NON rimanere in casa…
I primi segnali sull’aggravarsi della questione casa sono arrivati dal nuovo Prefetto che, nonostante la richiesta dell’apposita commissione, sembrava alquanto restio ad annunciare la nuova sospensione degli sfratti. Ma la situazione è decisamente precipitata lunedì, con lo sfratto di Houda, donna sola con tre figli, dal suo appartamento a Cascina. Houda nonostante avesse tutti i requisiti per ottenere i contributi dei servizi sociali ed entrare in un nuovo alloggio, da mesi si vedeva negata ogni soluzione, continuando a subire umiliazioni dalla sua assistente sociale e dalla giunta comunale, razzista e leghista. In aggiunta a questo, i proprietari di casa avevano approfittato di una sua momentanea assenza per entrare nell’alloggio (di cui avevano ancora le chiavi) e danneggiarlo, tagliando i fili della caldaia, del forno e del frigo.
Per questi motivi la donna ha scelto di non restare un giorno di più in quella casa, dove non voleva più vivere, e il giorno dello sfratto ha anticipato l’ufficiale giudiziario andando a piazzarsi con una tenda negli uffici dei servizi sociali della frazione di Navacchio. Ne è nata una protesta molto dura, sostenuta dalle famiglie di Prendocasa e dalle donne in lotta della Mala Servanen Jin: oltre 24 ore di occupazione degli uffici, compresa una notte trascorsa lì e diverse persone arrampicate fin sopra al tetto dell’edificio.
Il giorno seguente Houda e i tanti solidali si sono spostati alla Società della Salute di Pisa, continuando a incalzare la sua assistente sociale e le responsabili dell’emergenza abitativa, che ancora una volta hanno deciso di fare muro nei confronti delle legittime richieste della donna e di assicurarle solo qualche notte in un affittacamere. Durante questo secondo giorno di protesta la donna, stremata dallo sfratto e dalla notte trascorsa in occupazione, ha anche avuto un malore.
E’ stato solo giovedì mattina, dopo tre giorni di protesta, che la situazione si è sbloccata. L’intera rete Non Una Di Meno di Pisa si è assunta la causa di questa donna e ha nuovamente presidiato gli uffici della Società della Salute di Via Saragat, ottenendo finalmente la garanzia dei contributi necessari a Houda per entrae in un nuovo alloggio.
La resistenza di Riccardo. Celere e barricate in Via Facchini…
Mentre si svolgeva la battaglia di Houda, mercoledì mattina c’è stato l’ennesimo accesso dello sfratto di Riccardo, dal suo appartamento in Via Facchini, in pieno centro a Pisa. Riccardo è uno dei tanti esempi del fallimento dell’attuale modello di emergenza abitativa, completamente gestita dagli assistenti sociali. Disoccupato di 55 anni, con un fallimento alle spalle, oltre a non riuscire più a pagare l’affitto è assolutamente escluso dalla possibilità di trovare un nuovo alloggio; d’altro canto però, poiché si tratta di un uomo solo la sua situazione non pare abbastanza “disperata” da far intervenire efficacemente e in maniera risolutiva i servizi sociali.
Nei fatti ciò ha comportato un eterno rinvio e scaricabarile da parte degli uffici preposti alla risoluzione del suo problema, protrattosi per mesi e mesi. Di fatto, solo la continua presenza di folti picchetti anti-sfratto ha garantito che Riccardo non fosse sbattuto in mezzo a una strada.
Questa situazione ha raggiunto la saturazione mercoledì mattina, quando insieme all’ufficiale giudiziario e alla proprietà si è presentata la forza pubblica, prima con alcune volanti di polizia e carabinieri e poi coi reparti celere. La presenza della celere a uno sfratto rappresenta sicuramente un’immagine inedita e vergognosa per la città di Pisa, in tempi recenti. D’altro canto il picchetto non si è lasciato intimorire e ha deciso di proseguire nella trattativa solo dopo aver blindato l’accesso alla via improvvisando barricate con i cassonetti.
Questa mossa è riuscita a strappare un altro rinvio, di un mese circa, ma anche a smascherare l’infido ruolo svolto, ancora una volta, dai servizi sociali. La dirigente con cui Riccardo aveva avuto un colloquio pochi giorni prima lo aveva assicurato di essersi mossa per ottenere un rinvio; in realtà stava predisponendo misure di albergazione, per consapevole che l’intenzione era di eseguire lo sfratto.
Prefettura, servizi sociali, sospensioni e picchetti…
La vicenda di Houda, che sembra aver trovato uno sbocco positivo, e quella di Riccardo, partita tutt’ora aperta, non sono due casi isolati, ma sono sintomo di una situazione che sta andando a delinearsi proprio in questi giorni.
Nelle scorse settimane si è più volte riunito un tavolo fra Prefettura, Questura, Comune, servizi sociali e ufficiali giudiziari per concordare una nuova gestione del problema sfratti; per la prima volta i sindacati inquilini sono totalmente estromessi (sostituiti dalla Questura!) e la vecchia commissione territoriale sfratti continua a riunirsi ma è di fatto commissariata, poiché le decisioni vengono prese altrove.
Il nuovo Prefetto, recependo le indicazioni del Ministro Minniti, ha decretato che non ci sarà più alcuna sospensione degli sfratti, ma solo “graduazioni della forza pubblica”, decise caso per caso. Amministrazioni comunali e servizi sociali sembrano intenzionati a far la loro parte centellinando le risorse; solo chi si piega e si dimostra “obbediente” potrà usufruire delle briciole.
I picchetti anti-sfratto negli ultimi anni hanno rappresentato un punto fisso nell’enorme braccio di ferro tra inquilini resistenti e istituzioni: la rigidità nel non uscire di casa, non accettare albergazione o soluzioni non dignitose, anche a costo di scontrarsi e di resistere alla forza pubblica, ha prodotto innumerevoli vittorie. Tuttavia pare che per i comitati di lotta per la casa sia giunto il momento di segnare una discontinuità, poiché ogni strumento di lotta, se diviene ripetitivo e prevedibile, perde la sua efficacia.
Houda ha scelto di non difendere il suo sfratto, di scaricare consapevolmente il suo disagio abitativo su quelle istituzioni che lo dovrebbero risolvere e che invece la isolavano e umiliavano. I servizi sociali sono stati letteralmente travolti da questa mossa inaspettata; hanno provato a erigere un muro ma sono capitolati in soli quattro giorni. Anche le barricate di Riccardo indicano una controparte ben precisa, quegli stessi servizi sociali che agiscono come un imbuto, incanalando l’enorme flusso dell’emergenza abitativa nello stretto collo di bottiglia delle risorse messe a disposizione dalle amministrazioni comunali.
E’ forse giunto il momento di spazzare via l’imbuto e lasciare che il getto inondi la bottiglia? E se la bottiglia si infrangerà, non saremo certo noi a piangerne i cocci.