Dopo l’omicidio di Idy Diene a Firenze, ammazzato con sei colpi di pistola da un bianco italiano che l’ha scelto come bersaglio a caso, ieri pomeriggio almeno duecento persone, nella stragrande maggioranza appartenenti alla comunità senegalese di Pisa si sono ritrovate in piazza XX settembre. Un lungo presidio con microfono aperto in cui ha trovato spazio il dolore e la rabbia. Dietro i volti le storie. Quelle a cui non si pensa quando si incrociano uomini con la pelle diversa ma che raccontano di sfruttamento, fatiche e ricatti. Sono i lavoratori delle concerie, gli ambulanti. La dignità non basta: “vogliamo rispetto come noi lo diamo a tutti”, ripetono in diversi prendendo parola. Non solo la sofferenza di sopravvivere, ma anche la segregazione. Una questione di colore. La stessa che ha portato un uomo bianco a scegliere come vittima della sua follia il primo nero che gli è capitato a tiro. Perché? Perché quel colore rappresenta una vita che vale meno in questa società. Lo testimoniano tanti fatti: il ricatto della burocrazia, che tiene appesi al filo dei documenti la vita di migliaia di uomini e donne, il sospetto sistematico della polizia che ferma e controlla prioritariamente gli ambulanti, l’umiliazione perpetrata da ogni padrone che si permette qualsiasi angheria perché tanto “un nero non si lamenta, sa che dovrà fare una vita di merda”. Questo non è accettabile per nessuno. Questa violenza strutturale è il razzismo della nostra società e contro questo il presidio si è infine mosso in corteo. Sabato a Firenze si terrà una manifestazione per Idy Diene.