In seguito agli scioperi scoppiati alla Bartolini di Lavoria, pubblichiamo un approfondimento, uscito in questi giorni sulla versione cartacea di Riscatto, riguardante le condizioni di lavoro di quel magazzino e le prime tensioni che avevano portato agli accordi di maggio, poi disattesi dall’azienda.
Urla secche e martellanti.
– Dai zingaro
– Veloce, stronzo
– Vaffanculo…
il lavoro nel magazzino BRT di Lavoria era scandito così dai responsabili. 200 facchini lavorano in questo importante terminal della logistica sul nostro territorio. Si tratta per lo più di lavoratori della Tusco in appalto preso Bartolini ma ciclicamente tramite agenzia vengono chiamati diversi interinali per i picchi di lavoro o per coprire turni con poco lavoro. I contratti sono di una settimana per gli interinali: spremuti e buttati via. Si tratta di scaricare i camion in arrivo, smistare i pacchi sul rullo secondo le destinazioni, ricaricare i colli sui camion in partenza verso il porto di Piombino. Alle sette la merce è già sul Tirreno in viaggio per la Sardegna. Logistica.
Sono carichi di tutti i tipi. Oggettistica da nulla comprata giusto perché in offerta su Amazon a sacchi di mangime animale da 25 chili. Può capitare di tutto. È un lavoro che spacca la schiena. Il turno principale è quello notturno, dalle 23 alle 7. Finito il turno ti risvegli a pranzo e ti resta solo mezza giornata da vivere prima di rientrare in magazzino. Il magazzino di Lavoria è quello con la più alta produttività di tutti i siti di Bartolini. Bisogna rallentare. Il responsabile imposta il ritmo con la prevaricazione e le offese. La prima cosa da imporre, per rallentare, è il rispetto allora.
Al magazzino lavorano rom rumeni, albanesi kosovari, italiani, macedoni, senegalesi. I responsabili sono italiani. L’offesa razzista è la regola, ma soprattutto vale la regola per cui tu che lavori non vali un cazzo. Alle volte si sono fermati, hanno rallentato. Iniziano a parlarsi e a trovarsi alcuni facchini. Minacciano lo sciopero e i capi si insospettiscono. Provano con le prese per in giro e gli sfottò ma un nuovo gruppo che si copre il culo a vicenda pretende rispetto. Se uno viene offeso intervengono gli altri fino a fermare il lavoro se necessario: “se toccano uno, toccano tutti”.
Bisogna migliorare la situazione nel magazzino. Il gruppo si trova anche fuori dal turno, per organizzarsi, cambiare i rapporti di forza nel rapporto di lavoro e pretendere migliori condizioni di lavoro. Diversi facchini iniziano a iscriversi al S.I. Cobas, il sindacato della logistica che a colpi di scioperi, blocchi e picchetti ha sindacalizzato con radicalità il settore della logistica migliorando sensibilmente le condizioni di lavoro in un settore che confinava con il nuovo schiavismo. I lavoratori si incontrano, raccolgono le buste paga, fanno il conteggio delle ore: tutti hanno lavorato più delle ore previste da contratto.
Si tiene una prima assemblea sindacale al magazzino. Parte la richiesta di incontro all’azienda. La situazione durante il turno inizia a cambiare. Ora i responsabili chiedono di svolgere le mansioni usando il condizionale e premettendo le parole “scusa” e “per piacere”. Viene accordato dopo poco l’incontro con la richiesta di aumentare le ore ai part-time contrattualizzati a 4 e a 6 ore ma che svolgono regolarmente più ore le quali vengono pagate come supplementari e non come straordinari. Sono molti soldi in più in busta paga oltre che maggiori garanzie sulla malattia. Molti dei part-time a quattro ore inoltre non svolgono ore supplementari perché inquadrati nei turni pomeridiani con poco lavoro e al loro posto vengono inseriti sempre nuovi interinali. Si chiede quindi che la priorità per le ore in più sia riservata ai part-time in modo da poter accumulare ore e aumentare i contratti.
Dopo pochi giorni si arriva alla trattativa. L’azienda prova con qualche sotterfugio a dimostrare che non è vero che vengono lavorate più ore di quelle previste da contratto: l’azienda fa il calcolo sulla media delle ore lavorate in un mese, contando malattie e infortuni. Bella furbata: vengono stampati i fogli firma con gli orari di ingresso e uscita dal magazzino. Cambiando il parametro cambia anche il risultato ed è quello giusto: in 18 lavorano più ore di quelle dovute e quindi hanno diritto a passare a un contratto 8 o a 6 ore. L’azienda cede subito. La preoccupazione che il lavoro al magazzino si fermi è più forte.
Le catene si allentano ai primi segnali di una mobilitazione compatta e collettiva degli operai;e questo è solo un segnale di quale sarà la forza dispiegata quando questi lavoratori incroceranno contemporaneamente le braccia.