Ieri pomeriggio alcune famiglie in emergenza abitativa, alloggiate in affittacamere a spese dei servizi sociali, hanno tenuto una conferenza stampa per illustrare la gravissima situazione. Sono le famiglie che il giorno prima avevano provato a incontrare l’assessore alla casa, che però aveva evitato ogni tipo di confronto.
Davanti ai giornalisti hanno provato a fare il punto; l’albergazione, ormai largamente utilizzata dai servizi sociali per affrontare l’emergenza casa, è in realtà una misura assolutamente dispendiosa che costringe le famiglie a vivere in condizioni non dignitose, in situazioni di sovraffollamento e spesso senza cucina e con servizi in comune.
Jessica, madre di tre figli, di cui due gemelli di pochi mesi, vive con il suo nucleo familiare in una sola camera; oltre ai problemi relativi alla mancanza di spazio, da mesi segnala lo scarso livello igienico a cui sono costretti: muffa, umidità e lavatrice rotta.
Anche Melina vive coi tre figli, di cui uno disabile, in una sola camera; nel suo caso l’albergazione, che doveva essere temporanea, dura ormai da quasi tre anni.
Maria Rosa è stata trasferita in un affittacamere dopo che la sua casa è stata dichiarato inagibile dai vigili del fuoco; la stanza in cui vive è senza finestre e non ha l’uso della cucina.
Insieme a loro, e ad altri nuclei nella medesima situazione, si mobilita il comitato di Sant’Ermete, che vorrebbe che le oltre 30 case popolari vuote nel quartiere, in attesa di demolizione, fossero temporaneamente assegnate a queste famiglie. Una soluzione che ridarebbe dignità a queste persone e migliorerebbe le condizioni del quartiere, in questo momento svuotato e sventrato.
Oltre al problema della vivibilità, è importante segnalare la questione economica: un affittacamere costa in media circa 40 euro a stanza per notte, se si considera la durata di queste albergazioni e l’enorme numero di famiglie a cui i servizi sociali propongono questo percorso (tra le 30 e le 50 famiglie contemporaneamente) si riesce ad avere l’idea di quanti soldi spreca il comune in questa finta soluzione. Soldi che finiscono in tasca a gestori privati, mentre potrebbero essere utilizzati per recuperare il patrimonio pubblico, garantendo soluzioni dignitose e durature.