Primo sciopero nazionale della filiera logistica di Amazon in Italia. Grandissima adesione allo sciopero e picchettaggio ai cancelli di alcuni magazzini nel nord Italia. Anche a Pisa al magazzino di Montacchiello, che ha visto la partecipazione di moltissimi drivers, lavoratori e lavoratrici che ogni giorno consegnano i pacchi dal sorriso stampato sul cartone dell’imballaggio delle merci hanno incrociato le braccia.
“Noi si porta una media di 160 pacchi il giorno, a 200 Km all’ora, una consegna ogni 3 minuti e siamo ripresi 24 ore su 24; vedono dove sei, cosa fai, cosa non fai. Noi oggi scioperiamo per far vedere che se perdiamo una giornata di lavoro è per un motivo serio e per far capire a tutti che le regole di questo lavoro devono cambiare perché ad oggi queste regole sono contro di noi!”.
Le motivazioni che hanno portato i lavoratori a tirare il freno a mano dei furgoni per una giornata intera e che ha spinto i sindacati confederali a convocare uno sciopero nazionale, il primo nel mondo in Amazon, sono molteplici e molto seri. Assoespressi, l’ente padronale che sta trattando da mesi con i sindacati per il rinnovo del CCNL della logistica e dei trasporti ha proposto una serie di condizioni peggiorative per la categoria degli autisti in appalto Amazon: 365 giorni l’anno lavorativi (anche a natale!); 26 domeniche obbligatorie; le prime tre giornate di malattia non retribuite; la non formalizzazione dell’art 42 che regolamenta in caso di cambio appalto delle aziende la riassunzione di tutti i dipendenti. Queste sono soltanto alcune delle motivazioni principali per cui oggi migliaia di drivers non hanno consegnato pacchi.
Già alla fine di febbraio i drivers del magazzino di Montacchiello, inaugurato soltanto 5 mesi fa, avevano scioperato contro i ritmi di lavoro fuori controllo: “non vogliamo più lavorare a queste condizioni. Ci dicono sempre che dobbiamo consegnare tutto ma per farlo siamo costretti a correre perché le consegne sono troppe ed Amazon questo non lo vuole riconoscere. Le conseguenze di questa corsa sono gli incidenti e le multe per eccesso di velocità, oltre che i danni li dobbiamo pagare noi. Non chiamateci più corrieri, ma autisti, perché adesso non corriamo più”.
La determinazione di questa generazione di drivers, la maggior parte giovani lavoratori e lavoratrici sotto i 30 anni, ha travolto le intenzioni dei sindacati di fare una veloce passerella di fronte al magazzino di Amazon. Questi drivers non si accontentano di andare sul giornale o in televisione: “se oggi perdo 80 euro ne deve valere, se non guadagniamo noi non guadagna nemmeno Amazon…”. A fare visita al presidio anche il presidente della regione Antonio Mazzeo che ha parlato agli scioperanti (nello scetticismo generale ogni qualvolta che le istituzioni promettono qualcosa) assumendosi l’impegno di affrontare i temi sollevati dai lavoratori con i vertici manageriali della multinazionale di Seattle. Saranno come sempre i fatti a confermare quanto dichiarato da chi ha fatto abolire insieme a Matteo Renzi l’articolo 18 con la riforma del Jobs Act nel 2015.
Questo sciopero di oggi conferma quanto sia colma la misura di una categoria di lavoro ritenuta essenziale, strizzata fino al midollo durante quest’anno di pandemia, alla quale non solo non viene riconosciuto questo sforzo, ma anzi, Amazon vorrebbe peggiorare le loro condizioni di lavoro in termini salariali e di diritti. La lotta dei drivers è appena iniziata…