Franco Serantini era un ragazzo molto attivo in città, ad esempio nell’esperienza del Mercato Rosso del C.E.P., dove, insieme ad altri/e compagni e compagne, avevano creato un tentativo di mettere in connessione produttori e consumatori per abbattere i prezzi, esperienza che aveva riscosso molto successo nel quartiere popolare.
Il 5 maggio 1972 Franco partecipa alla manifestazione antifascista per impedire il comizio di Niccolai, esponente dell’MSI, quando si verificarono duri scontri, che portarono al suo arresto; nonostante le dure percosse ricevute dai reparti della polizia, a Franco fu negata ogni cura in carcere, fino al suo decesso avvenuto due giorni dopo, il 7 maggio.
“Testimonianza di Iascia, studente medio, Tirrenia.
Mi hanno preso verso le 8 di sera in via Mazzini. Mi sono saltati addosso in cinque o sei e mi hanno picchiato con i manganelli e con gli scarponi. Mi sono difeso come ho potuto, ma quando mi hanno caricato sul furgone non riuscivo nemmeno a muovermi. Sono stato portato nella caserma di PS. Dopo un po’ di tempo sono cominciati ad arrivare molti altri. Verso le dieci ho visto entrare Franco insieme alla Morelli. Franco si reggeva appena in piedi; era pallido in volto ed aveva la giacca stracciata. Un’ora dopo circa mi hanno trascinato nel cortile e dopo avermi picchiato di nuovo mi hanno buttato in una vasca piena d’acqua. Uno mi ha tirato fuori che ero mezzo affogato. Poi mi hanno riportato dentro. Dopo l’interrogatorio, verso le 1.30 mi hanno rilasciato. L’ultima volta che ho visto Franco prima di uscire era sempre pallidissimo ed aveva gli occhi semichiusi. … Sulla bara è stesa la bandiera anarchica, rossa e nera. I compagni la portano sulle spalle, sembra che l’accarezzino con la guancia. Il funerale di Franco Serantini, martedi 9 maggio 1972: un misto di sfacelo e di orgoglio, di tensione e di consapevolezza che ancora una volta è finita, per uno, forse per tutti. Ci sono i ragazzi delle manifestazioni, delle marce, dei sit-in, della protesta, con i giubbotti, i maglioni, i blue jeans, le barbe, i berretti cinesi, ci sono gli anarchici di tutta la Toscana, alcuni, i più anziani, con i cravattoni neri, ci sono il sindaco, i deputati della sinistra, i sindacalisti, i comunisti, i socialisti. Una ragazza assorta, che cammina proprio davanti alla bara, tiene con le due mani un mazzo di gladioli rossi. I netturbini reggono la loro corona, un’altra corona la portano i ragazzi del riformatorio. La corona della giunta comunale è di calle bianche tenuta alta dai vigili urbani. I detenuti del Don Bosco hanno inviato delle margherite, dalla massa di teste spuntano cuscini di viole, di rose, di garofani. Quelli di Lotta Continua sono venuti da piazza S. Silvestro marciando in migliaia attraverso mezza città, con bandiere tutte uguali, dall’asta di legno chiaro, in corteo dietro un enorme striscione rosso, teso a pochi centimetri da terra: -Franco rivoluzionario anarchico assassinato dalla giustizia borghese-. Il funerale si muove dall’obitorio davanti all’orto botanico in via Roma. Serantini è rimasto molte ore nudo, il suo vestito era stato sequestrato per la perizia e lui non ne possedeva un altro. Poi è arrivato un compagno con una giacca, un paio di pantaloni ed una rosa rossa da mettergli sul petto. La città è partecipe, dolente, il popolo porta fiori, le donne sostituiscono la madre ignota e piangono il figlio di nessuno. Le saracinesche dei negozi sono abbassate, molti portoni sono chiusi. Seguono i funerali da vicino solo agenti e funzionari in borghese su macchine civili. Marciano nel corteo migliaia e migliaia di persone. Tra loro anche quelli che Franco salutava ogni giorno, su e giù per corso Italia eil Borgo Stretto e che ora si sono ricordati di quel ragazzo col motorino blu. Pianto da un’intera città come un eroe caduto, il funerale è l’unico dono che abbia avuto dagli uomini: quella di Serantini è anche la storia di un giovane che solo nella disperata morte realizza la sua personalità. Davanti al camposanto, un vecchio anarchico, Cafiero Cinti, dice poche parole commosse. È un ferroviere in pensione, Ardito del Popolo nel ’21, licenziato dai fascisti nel ‘24. Si rivolge a Serantini con semplicità, come se ci fosse; ‘Franco, siamo qui. Ti siamo sempre vicini, la tua lotta è stata la nostra lotta ‘. Poi intona l’Internazionale e tutti levano il pugno. Vicino alla fossa parlano un militante di LottaContinua e un anarchico del gruppo Durruti di Firenze. La folla, poi, se ne va per i viali. Gli anarchici cantano piano una loro canzone; ‘figli dell’officina, o figli della terra, già l’ora si avvicina, della più giusta guerra, la guerra proletaria, guerra senza frontiere, innalzeremo al vento, bandiere rosse e nere, avanti, siam ribelli, fieri vendicator, sogniamo un mondo di fratelli, liberi dal lavor ”
Corrado Stajano ” Il sovversivo, vita e morte di Franco Serantini”