29N, sarà sciopero generale! Mobilitazioni e corteo a Pisa

La giornata di domani, venerdì 29 novembre, vedrà in tutta Italia scorrere il malcontento sociale, più o meno organizzato, scaricarsi contro le istituzioni governative e padronali. Lo sciopero generale è convocato da molte realtà sindacali di Base, e dalle due confederazioni CGIL e UIL, quest’ultime in pena per la mancata “concertazione” con il governo. Il varo della manovra finanziaria, che ripristina sotto l’imperativo dell’economia di guera e dell’austerità, tagli e sacrifici nei confronti della spesa sociale – sanità e istruzione in primis, si somma all’involuzione autoritaria promosso dalla discussione al Senato del cosiddetto DDL 1660, che aggrava penalmente ogni tipo di dissenso e conflitto sociale. La questione del disciplinamento e della gestione repressiva dei conflitti sociali trova particolare opposizione nella nostra città, dove i movimenti – soprattutto di giovani e giovanissimi – si sono scontrati già da febbraio scorso contro il tentativo di bloccare le proteste a supporto della popolazione palestinese e contro il terribile genocidio portato avanti da Israele. Non a caso gli studenti e le studentesse per la palestina hanno promosso dalla giornata di oggi una mobilitazione al Polo San Rossore e l’assemblea dei precari dell’università da ieri ha occupato il polo carmignani.

A Pisa lo sciopero vedrà la presenza di movimenti, sindacati di base e realtà cittadine, confluire in un corteo promosso dagli e dalle studentesse delle scuole superiori e dall’assemblea dei precari dell’università in lotta contro la “riforma” Bernini, in cui le tante vertenze cittadine – in primis la mobilitazione degli assistenti specialistici contro i tagli nelle scuole – si ritroveranno in piazza XX settembre, sotto il Comune, già dalle 9.30 per attraversare le strade della città.

Di seguito il comunicato d’indizione del corteo e quello degli student per la palestina sulla partecipazione allo sciopero.

29 NOVEMBRE – SCIOPERO GENERALE E GENERALIZZATO

STUDENTƏ E LAVORATORƏ CONTRO TAGLI E PRECARIETÀ

Lavoratorə, precarə, studentə e solidali, in continuità con la giornata del 15 novembre, che ha visto 2000 persone tra studentə e ricercatorə precarə scendere in piazza, diamo vita a una dichiarazione di guerra contro un sistema che ci precarizza, ci reprime e ci sottrae ogni possibilità di futuro.

L’assemblea cittadina che è stata chiamata dai collettivi studenteschi medi ha avuto lo scopo di farci convergere per insorgere contro un sistema che distrugge il lavoro, il pianeta, i diritti e la dignità di ciascuno di noi. Le nostre lotte sono intrecciate, come lo sono le oppressioni che combattiamo: il filo rosso che ci unisce è fatto di giustizia sociale, climatica e intersezionale.

Come studentə denunciamo la fatiscenza delle infrastrutture in cui studiamo e il tempo e aspirazioni che ci vengono rubate con ore di orientamento, tirocini e stage. La privatizzazione avanza, l’istruzione diventa un lusso, e chi vive nelle periferie sociali resta indietro. Lə docentə e assistentə vedono abbattersi sulla scuola i tagli all’assistenza specialistica, ledendo un pieno diritto all’istruzione, e i PCTO continuano ancora a mietere vittime. Valditara e Bernini spingono per luoghi della formazione sempre meno finanziati, e sempre più oppressivi. Non possiamo accettare un’istruzione che insegna l’obbedienza e l’atomizzazione fondata sulla competizione.

L’università, in particolare, è sotto attacco. Con i tagli e la riforma del pre-ruolo: una reale minaccia alə lavoratorə ricercatorə precarə, già privi di tutele, di perdere la loro occupazione. Anche questo rientra in un attacco frontale al diritto allo studio, che spinge sempre più giovani a rinunciare all’università per ragioni economiche. Noi vogliamo un sapere libero e accessibile, non un’istruzione ridotta a strumento di classe.

Le politiche di austerità e privatizzazione di questo governo sono un attacco diretto alla popolazione: tagliano fondi a sanità, scuola e servizi essenziali, lasciando milioni di persone senza tutele, mentre miliardi vengono spesi per la militarizzazione. Scendiamo in piazza anche perché non possiamo accettare un governo che alimenta guerre e diseguaglianze. Dal Libano alla Palestina, la nostra è una lotta contro il genocidio e l’annientamento di vite e territori. Non possiamo, oltre tutto questo, accettare che la guerra parta proprio da qui: ribadiamo che non c’è spazio per nessuna base né a Coltano, né altrove!

Il governo parla di sicurezza quando nel mondo del lavoro c’è solo precarietà, sfruttamento, tagli ai salari, incidenti che sono veri e propri omicidi. Sanità, trasporti, servizi essenziali poi sono stati sacrificati sull’altare del profitto. Non c’è giustizia sociale in un paese che abbandona le scuole, che chiude gli ospedali, che permette alle aziende di sfruttare la nostra formazione per i propri profitti.

Non è solo un attacco ai servizi pubblici. È un attacco diretto alle nostre vite.

La delocalizzazione della GKN è il chiaro esempio di un sistema che specula sulle nostre vite. Ma la lotta del Collettivo di Fabbrica ci insegna che non solo è possibile resistere, ma soprattutto convergere per insorgere! Chiamiamo alla convergenza perché le vertenze studentesche e quelle dei lavoratori sono una sola lotta, 

perché il vostro presente sarà il nostro futuro, e il nostro futuro sarà il vostro stesso incubo se non insorgiamo insieme.

Parallelamente, l’emergenza climatica è la prova più evidente di quanto il capitalismo stia distruggendo il pianeta. Denunciamo un sistema che devasta il territorio con grandi opere inutili e dannose, come il TAV, che finanzia progetti insostenibili e ignora la necessità di una transizione ecologica dal basso. I movimenti ecologisti ci ricordano che non c’è futuro senza giustizia climatica. Non possiamo più tollerare politiche che proteggono le multinazionali dei combustibili fossili a scapito delle comunità locali e delle generazioni future. Lottiamo per un mondo in cui il rispetto dell’ambiente sia una priorità. 

Non c’è giustizia sociale senza giustizia di genere. Il nostro femminismo è intersezionale. Le donne, le persone queer, i migranti: siamo tutte vittime di uno stesso sistema patriarcale, razzista e capitalista che ci divide per controllarci. Ma noi non accetteremo queste divisioni. La nostra lotta è per la libertà di tutte e tutti. Il governo alimenta una narrazione tossica che trasforma migranti, attivistə e movimenti sociali nel nemico da combattere. È un’operazione di distrazione di massa: puntare il dito contro chi fugge da guerre, povertà e devastazioni climatiche per nascondere le responsabilità di chi alimenta quelle stesse tragedie. 

Se alimentano la paura, trasformando lə migranti in nemicə e lə attivistə in criminali, siamo chiamati a rispondere con la solidarietà. Non accetteremo un sistema che respinge chi fugge dalla guerra e dalla miseria, che reprime chi si batte per i diritti. 

Siamo qui per costruire comunità, per difendere gli spazi di socialità come veri luoghi di formazione volti allo sviluppo di un pensiero critico e al dibattito intellettuale oltre a mosse tangibili a favore di un sistema equo e paritario.

Il DDL 1660 è l’ultimo tassello di un mosaico di oppressione. È una legge che criminalizza non solo minoranze già discriminate ma anche chi lotta, chi manifesta, chi si ribella a un sistema fondato sull’ingiustizia. 

Il 29 novembre è il momento in cui dire che non ci piegheremo davanti a questo sistema. Il 29 novembre non sarà solo una giornata di protesta, sarà uno dei futuri momenti di convergenza, di sciopero generale e generalizzato. 

Siamo una sola lotta, perché l’ingiustizia è sistemica e richiede una risposta collettiva. Convergere per insorgere non è solo uno slogan: è una necessità storica. La giustizia sociale non è negoziabile. Ce lo chiede la storia, ce lo chiede il futuro che vogliamo costruire. 

Vi chiediamo di scendere in piazza come parte di un movimento unitario. Invitiamo tuttə: lavoratorə, precarə, disoccupatə, migranti, ecologistə, transfemministe. La frammentazione è il loro strumento, l’unità è la nostra arma. Esigiamo un intervento pubblico radicale: che parta dal basso, che metta al centro le persone, non i profitti; che costruisca scuole libere, sanità accessibile, lavoro sicuro, territori liberi dalla devastazione e dalla sorveglianza. Rivendichiamo le strade per costruire il futuro che ci vogliono rubare, rivendichiamo una scuola che emancipa, non che addestra. Rivendichiamo una sanità che cura, non che esclude. Rivendichiamo un lavoro che valorizza, non che uccide. Rioccupiamoci di una società giusta, solidale, libera.

Precarə, studentə, lavoratorə: la nostra rabbia è la loro paura. La nostra forza è nella collettività. La nostra lotta è la loro fine.

Verso il 29 novembre, sciopero generale e generalizzato: insorgiamo!

IL 29 NOVEMBRE SCIOPERIAMO! CONTRO IL GENOCIDIO E CONTRO LO SFRUTTAMENTO DEI NOSTRI SAPERI!

Il nostro paese continua a finanziare il genocidio in atto in Palestina, spendendo milioni di euro per i rifornimenti bellici a Israele, mentre si adopera per la costruzione di nuove basi militari sul nostro territorio.
I fondi pubblici vengono sempre più diretti a finanziare l’economia di guerra e le politiche belliche, per far guadagnare chi lucra sui conflitti in atto e sui massacri di intere popolazioni.
Le università italiane sono già complici del genocidio e dell’occupazione in Palestina e in Libano, collaborando con industrie belliche direttamente coinvolte nella produzione di tecnologie impiegate nell’oppressione.
Intanto, la riforma Bernini dell’Università porta ad alimentare ancora di più questa complicità, trasformando le nostre università in aziende, sempre più finanziate dai privati, sempre più inserite in un’economia di guerra che trae profitto dai conflitti. Un progetto di riforma che ha già tagliato mezzo miliardo di euro ai fondi per l’Università, mezzo miliardo di euro che finanzierà una base militare a San Piero a Grado (PI), in mezzo ai terreni dell’Università di Pisa.

Per fermare la macchina della guerra e del genocidio, dobbiamo intervenire dove si nutre e cresce: nelle università, nelle aziende, nelle strade.
Lo sciopero è il mezzo concreto che consente di bloccare l’economia di guerra che parte dalle nostre collaborazioni, dai nostri programmi accademici, dalle nostre aule. Il mezzo che permette di trasmettere la posizione chiara della comunità studentesca perché è ormai impensabile restare in silenzio.

Il 29 novembre, rifiutiamo di partecipare con le nostre menti e il nostro lavoro alla produzione della guerra. IL 29 NOVEMBRE SCIOPERIAMO PER BLOCCARE LE COMPLICITÀ CON IL GENOCIDIO!