L’11 e il 12 aprile si è tenuto a Roma il convegno internazionale “Libertà per Öcalan. Una soluzione politica per la questione kurda”. L’obiettivo della conferenza è di costruire una piattaforma condivisa per spingere per la liberazione di Abdullah Öcalan, leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), imprigionato da 26 anni dallo Stato turco sull’isola-carcere di Imrali. In fondo all’articolo la dichiarazione finale della conferenza.
Alla conferenza hanno partecipato membri della recente delegazione ad Imrali; deputati del partito turco DEM; avvocati e legali turchi e kurdi di associazioni come ELDH e MAF-DAD; portavoce dell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord-Est (DAANES) e del Congresso Nazionale del Kurdistan; sindacati, organizzazioni, movimenti sociali, dall’Italia ai Paesi Baschi, dal Messico all’Egitto.
La conferenza è stata un’importante occasione per condividere le motivazioni dell’importanza della campagna per la liberazione di Öcalan (noto anche come Rêber Apo) e della sua rinnovata urgenza. Con l’appello di Öcalan alla pace e per una società democratica, rilasciato a febbraio scorso in seguito alla visita della delegazione DEM ad Imrali, si è aperta una strada per un nuovo processo di pace in Turchia e per una soluzione politica alla questione kurda. Nonostante il cessate il fuoco unilaterale dichiarato dal PKK, tuttavia, non è chiaro come la Turchia abbia intenzione di muoversi. Da una parte, l’apertura al dialogo con Öcalan da parte di figure come Devlet Bahçeli, leader del partito neofascista turco MHP, è un importante segno di riconoscimento della forza del movimento di liberazione del Kurdistan e della necessità per la Turchia di venire a patti con esso. Tuttavia, alcune aperture di facciata potrebbero essere sintomo della semplice volontà di accaparrare maggiore sostegno per il progetto di riforma costituzionale di Erdoğan, che vuole garantirsi la rielezione nel 2028 (un piano portato avanti spudoratamente anche con il recente arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu).
L’esperienza della Siria del Nord-Est, dove il Partito di Unione Democratica (o PYD, il ramo siriano del PKK) ha guidato un processo rivoluzionario che ha portato alla creazione dell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord-Est (DAANES), è anch’essa direttamente toccata dagli sviluppi in Turchia e dalla questione della liberazione di Öcalan. Come ha dichiarato alla conferenza Fouza Alyussef, in rappresentanza della DAANES, la rivoluzione in Rojava (Kurdistan occidentale, corrispondente alla Siria del Nord-Est) ha funzionato perché sono stati piantati i semi dell’ideologia di Öcalan, basati sulla democrazia diretta, sull’ecologia e sulla libertà della donna, tramite un sistema politico noto come “confederalismo democratico”. Tuttavia, il governo ad interim attualmente insediatosi in Siria dopo la caduta del regime di Assad è guidato da esponenti di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), fuoriusciti di organizzazioni terroristiche come Al-Qaeda, che mettono a rischio alcuni elementi fondamentali su cui si basa il movimento kurdo, come la rivoluzione delle donne. Inoltre, la convivenza tra i popoli su cui si basa il sistema politico del confederalismo democratico è minacciata dai comportamenti di HTS, come mostra il recente massacro di persone appartenenti alla minoranza alevita sulla costa siriana. Per questo, la DAANES ha posto delle condizioni imprescindibili per un processo di pace in Siria (le cosiddette “linee rosse”) che non verranno abbandonate nemmeno in caso di guerra con Damasco.
Intanto, il nuovo panorama in Siria è anche l’occasione per le forze del Rojava di prestare aiuto alle persone colpite e di diffondere il progetto dell’Amministrazione Autonoma nel resto del territorio. In questo contesto, la liberazione di Öcalan diventa un passaggio importantissimo per la legittimazione dell’esperienza rivoluzionaria della Siria del Nord-Est e per il consolidamento del progetto confederale democratico nel territorio siriano, nella possibilità di delineare un futuro di pace e di convivenza tra i popoli di una terra segnata da una lunga storia di conflitti settari e guerre combattute per procura da interessi esteri.
Alla conferenza a Roma erano presenti anche avvocati e giuristi impegnati nella difesa dei diritti umani e che hanno seguito il caso di Öcalan. La sua prigionia è di fatto una grave violazione dei suoi diritti basilari, ripetutamente celata ed archiviata dalle istituzioni responsabili, come la Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU). Non solo: la prigionia di Öcalan è un caso esemplare, oltre che un precedente, per l’oppressione sistematica di migliaia di prigionieri politici. Infatti, nonostante la Turchia cerchi di giustificare l’isolamento di Öcalan come un caso del tutto eccezionale per un detenuto particolarmente pericoloso, il carcere per motivazioni politiche è ormai la normalità in Turchia e pesa come una minaccia costante su ogni persona kurda o dissidente, come denuncia anche la recente sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli nel caso Rojava vs Turchia.
Per questi motivi, alla conferenza di Roma è stato ribadito come ciascuno e ciascuna di noi ha un motivo per sostenere la campagna per la liberazione di Öcalan, dato che la questione della sua libertà, l’esperienza del PKK e della rivoluzione in Kurdistan toccano trasversalmente temi fondamentali di tutte le lotte, anche alle nostre latitudini: dall’internazionalismo ai diritti umani, dall’autonomia delle donne alla democrazia.
Con questo obiettivo in mente, la discussione finale della conferenza è stata l’occasione per condividere proposte di iniziative future per fare pressione sui governi e spingere per la liberazione di Öcalan. Tra le proposte, riportate in fondo alla dichiarazione finale, figura anche la richiesta per la candidatura di Öcalan al premio Nobel per la Pace.
Pisa, come molte altre città d’Italia, ha visto numerose manifestazioni e iniziative in solidarietà con la resistenza del popolo kurdo e per la libertà di Öcalan. Oggi, l’appello è a far proliferare attività e mobilitazioni sul tema in tutta Italia e oltre e a includere la solidarietà per la causa nelle nostre lotte quotidiane, per diffondere la conoscenza del tema e la sua importanza. Per una soluzione politica per il popolo curdo, per un reale processo di pace in Medio Oriente, per la democrazia dei popoli in tutto il mondo: libertà per Apo, libertà per tutti i prigionieri politici!