Negli ultimi giorni alcuni operatori sociali pisani hanno iniziato a portare alla luce una situazione allarmante riguardo ai nuovi tagli previsti dalla Società della Salute della Zona Pisana per l’anno 2016. Diciamo “nuovi” perché ormai da sette anni le istituzioni stanno attuando regolarmente tagli al sociale, in una grottesca staffetta che vede alternarsi dal 2009 Comuni, Regioni, Stato e Società della Salute. Intanto si perdono posti di lavoro, si perdono servizi, si perdono ammortizzatori sociali.
Ma partiamo da Dicembre 2015, quando viene pubblicato il Bilancio di Previsione della Società della Salute (S.d.S.) in cui viene indicato senza mezzi termini, un disavanzo di 860.000 Euro. Come colmare un “buco” di quasi un milione? Prevedendo una revisione delle spese, modificando cioè il bilancio a scapito di alcuni servizi e progetti che operano sul territorio pisano e dei comuni vicini e gestiti da diverse Cooperative sociali.
Sui giornali la notizia viene fatta passare in sordina per non apparire così allarmante e non sollevare alcuna opposizione.
Solo a Febbraio 2016, finalmente, circola la notizia ufficiale anche all’interno delle Cooperative, che fino a quel momento hanno pensato di tacere e non informare né i soci, né i dipendenti della certezza del taglio.
La S.d.S. sottopone la proposta del bilancio ai dirigenti delle Cooperative che la rigettano, rifiutando di assumersi la responsabilità di tagliare servizi ed ore di lavoro. La palla torna quindi al Dott. Cecchi (Direttore S.d.S.) e all’assemblea dei Soci (composta dalla Presidente Sandra Capuzzi e da sindaci ed assessori al sociale dei comuni dell’area pisana) che finalmente si riunisce il 7 Marzo e firma la Delibera ufficiale il 16, dopo qualche giorno per rivedere alcuni punti.
Nel nuovo Bilancio Preventivo, pubblicato con la Delibera, il disavanzo è aumentato di 140.000 Euro, arrivando così complessivamente a 1.000.000 a causa di una minore entrata di quote capitarie da parte dei Comuni (cioè quello che i comuni che partecipano alla Società versano per poter ricevere i servizi della S.d.S. e della Usl 5).
Certo, sono previste alcune proroghe (alcuni mesi) per permettere ai progetti tagliati di rivedere la programmazione e la progettazione in vista del Bando di Gara, ma in sostanza a far le spese dei tagli saranno prevalentemente servizi e progetti rivolti a quelle che vengono definite “fasce deboli” cioè i minori e la marginalità sociale. È previsto anche un “ritocco” alle spese per i contributi alle famiglie indigenti ed i contributi per la maternità. Verranno chiusi centri aggregativi per gli anziani, progetti educativi per gli adolescenti e ridotti servizi rivolti alle donne vittime di violenza.
Scendendo nel dettaglio, questo è l’elenco dei progetti e servizi che subiranno riduzioni orarie o che verranno chiusi:
-Servizio gestione centri aggregativi giovanili (area minori), verranno chiusi due centri aggregativi su Vecchiano e San Giuliano con perdita di ore di lavoro per gli operatori e le operatrici.
-Reti di contrasto alla violenza di genere accoglienza donne e bambini: “Casa Salima”, “Convivenza guidata” e “Centro Antiviolenza” (area famiglia e minori): verranno ridotte le consulenze psicologiche e le ore delle operatrici, con una notevole riduzione della qualità del servizio.
-Sportelli di informazione e consulenza per cittadini e cittadine stranieri (area immigrati): verranno ridotte le ore degli operatori.
-Centro diurno per giovani disabili di gravita’ media (area disabili): verrà rimodulato con una riduzione del 50% per il prossimo anno.
-Centri aggregativi anziani (area anziani): verranno chiusi.
Oltre alla qualità dei servizi, drasticamente compromessa, ci saranno effetti nefasti su tantissimi posti di lavoro. Infatti, come conseguenza di questa (ennesima) ondata di tagli, numerosi operatori, operatrici, educatori, educatrici, perderanno ore di lavoro (in altri termini verranno pagati meno in fondo al mese) se non addirittura il posto (è il caso dei contratti a tempo determinato).
Quando si chiederà conto di queste scelte, probabilmente tanti amministratori punteranno il dito sul “collega assessore” del Comune vicino, altri allargheranno le braccia come se si trattasse di una calamità naturale imprevedibile, altri proveranno a individuare i responsabili negli stessi lavoratori e nella loro scarsa professionalità o scarso rendimento.
Ma ancora una volta le domande da farsi sarebbero altre, soprattutto riguardo alle scelte economiche delle amministrazioni. Come mai le insolvenze dei palazzinari non vengono reclamate? Perché i cittadini, che pagano con i contributi le spese dei servizi sociali, devono vederli ridotti all’osso? Perché non si contengono gli sprechi? (Si guardi per esempio il vecchio centro d’accoglienza di via Garibaldi, fermo da anni per lavori di restauro). Perché i tagli non prevedono riduzioni delle buste paga da centinaia di migliaia di Euro annui dei dirigenti?
Basterà spulciare i bilanci dei Comuni, oltre a quello della S.d.S., per capire che le soluzioni potevano essere molte altre. Ma i servizi sociali, o quel che resta dello Stato che si occupa dei cittadini, non rendono nessun profitto, anzi sono un costo che, evidentemente, si sostiene malvolentieri.
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