Durante la seduta odierna del Consiglio Comunale di Pisa si è svolto il question time. Tra le diverse interrogazioni agli assessori ed al sindaco era particolarmente attesa quella sui tagli che la Società della Salute attuerà ai servizi sociali.
Numerosi gli operatori del terzo settore presenti, preoccupati del proprio futuro lavorativo e del futuro di tutte le persone la cui vita su quei servizi si regge.
La preoccupazione nasce da una delibera della Società della Salute che annuncia tagli su diversi fronti: chiusura di alcuni centri aggregativi giovanili e per anziani, riduzione budget al telesoccorso ed ai centri antiviolenza, riduzione dell’orario di lavoro per operatori di questi e molti altri progetti.
La consigliera Simonetta Ghezzani (Sel) ha chiesto delucidazioni su questo e sulla voragine da un milione di euro di ammanco nel bilancio della Società della Salute.
L’assessora alle politiche sociali Sandra Capuzzi (che è anche presidente della Società della Salute stessa) ha cercato di far ricadere la colpa su quei Comuni associati alla SdS che ancora non hanno chiuso il bilancio dell’anno passato, facendo mancare così i fondi per l’attuale bilancio e per coprire i relativi servizi.
Secondo la Capuzzi quindi, tali tagli sarebbero provvisori e solo sulla carta, in attesa della chiusura dei bilanci degli altri Comuni associati alla SdS.
L’assurdo è che dagli altri Comuni mancherebbero solo 140.000 euro rispetto allo scorso anno, rimane quindi un buco da 860.000 euro.
“Nessun cenno viene fatto ai fondi non ancora inviati da parte della Regione per coprire i costi dell’emergenza abitativa” ci riferisce la consigliera Ghezzani.
Il Comune di Pisa e la sua giunta ha evitato fino ad ora di aprire una discussione in merito, nel frattempo la SdS ha già provveduto ad indicare i servizi, il personale ed il monte orario per ogni progetto da tagliare con valenza immediata.
Sarà impossibile, anche qualora i famosi 140.000 euro non pervenuti dagli altri comuni arrivino, riattivare servizi ormai chiusi.
A questo si deve aggiungere una forte morosità della SDS nei confronti delle cooperative che forniscono i servizi, la cui entità è ancora ignota. Quello che è dato sapere è che alcune cooperative hanno firmato un accordo di rinuncia al pagamento in cambio dell’adeguamento contrattuale dei propri dipendenti (che ammonta 330.000 euro per la SdS). Ciò per un operatore sociale vuol dire “mi pagheranno anche 20 centesimi in più all’ora ma se poi dimezzano le ore non è certo un miglioramento, né per me che lavoro, né per gli utenti dei servizi”.
L’atteggiamento delle istituzioni e dei responsabili della SdS appare quello di cercare di nascondere la polvere sotto il tappeto e tirare avanti finché dura, facendo ricadere nel frattempo i disagi sulle vite dei cittadini e dei lavoratori.
Si negano, nei fatti, risposte chiare, l’ammissione della grave situazione attuale e l’apertura di una discussione seria.
I volti degli operatori del terzo settore presenti, alla fine della sessione, non hanno perso certo la loro tensione. Chiedono un incontro pubblico e aperto, perché la questione non riguarda solo loro, ma tutta la cittadinanza.
Al momento invece il Comune ha fissato per martedì 12 aprile l’apertura di una commissione che discuta sul tema.
Qui di seguito riportiamo il comunicato degli operatori sociali:
“Il 21 Marzo scorso la Società della Salute della zona Pisana finalmente ha reso pubblica la Delibera n.4/2016 con cui viene resa nota l’entità del disavanzo del suo bilancio, che ammonta a 1.000.000 di Euro.
In attesa che tutti i comuni che partecipano all’assemblea dei soci chiudano il loro bilancio e definiscano quindi l’ammontare reale dei loro contributi al mantenimento dei servizi, la Delibera annuncia una serie di tagli che andranno a colpire servizi e progetti in modo consistente. Oltre ad un disavanzo di tal genere entra in gioco anche un aumento dell’I.V.A. al 5% previsto dal DDL di stabilità del 2016 per i servizi socio-sanitari ed educativi gestiti dalle cooperative, che di per sé comporterebbe una riduzione delle Gare previste per il 2016, ma che non basterebbe ad aiutare a colmare il “buco”, ragion per cui viene proposta una riduzione del 7% (il 2% di ribasso) su tutti i servizi che dovranno partecipare ai nuovi bandi.
Chi farà le spese di queste rimodulazioni? La Delibera stessa ammette che ci saranno ricadute importanti sui servizi. Per ricadute s’intende che sarà la qualità del servizio a risentire in modo particolare di una riduzione del budget e quindi gli utenti e i cittadini in generale che da quei servizi traggono direttamente o indirettamente beneficio. Una tendenza quella del “sacrificio” di ciò che resta del welfare che non riguarda solo i progetti e i servizi del terzo settore, ma abbraccia in modo preoccupante tanti settori dei servizi “al cittadino”, dalla sanità all’istruzione. Il panorama che si sta delineando non è dei più rosei. Abbiamo probabilmente davanti a noi un futuro fatto di servizi essenziali erogati da enti privati, a pagamento e solo per chi può permetterseli, e servizi e progetti di prevenzione o di educazione che verranno progressivamente affidati al volontariato.
Ma prima di arrivare ad un epilogo così tetro passeremo attraverso una progressiva riduzione (già in atto come si è detto) della qualità, dovuta ad un minore investimento economico da parte delle istituzioni per il benessere delle comunità.
Ne faranno le spese le lavoratrici e i lavoratori del Terzo Settore, dipendenti e soci delle cooperative. Perchè quando si parla di tagli significa che ad essere ridotte saranno le ore di lavoro (quindi è sul reddito dei lavoratori che il taglio andrà ad incidere), o comunque i costi indiretti (supervisioni, rimborsi, ore di coordinamento) che, se anche non incidono sul reddito, hanno un effetto negativo sulla qualità del lavoro.
Chi ha la responsabilità di garantire alla cittadinanza una qualità soddisfacente dei servizi?
Se le istituzioni non sono più in grado di garantirla, chi o cosa dovrà avere interesse ad investire nel Sociale?
Non si tratta di rendere conto solo a chi vede il proprio diritto al lavoro e in definitiva la qualità della propria vita minacciata, ma anche a chi ne subirà indirettamente gli effetti. Lavorare poco e male significherà offrire un servizio di qualità inferiore.
Se i tagli sono inevitabili perché le risorse sono insufficienti, chi si assume la responsabilità delle scelte fatte dalle amministrazioni per indirizzare altre risorse nel “decoro” urbano (tanto di moda), piuttosto che nella salute e nel benessere collettivi?
Chiediamo che di questi temi si discuta in un incontro pubblico, con i referenti della Società della Salute e delle amministrazioni comunali coinvolte. Non si tratta di questioni a cui si può rispondere solo in termini economici, non si possono valutare i servizi solo in base all’equazione “costo-resa”.
C’è una scelta politica ben precisa che sta alla base di tutto: privilegiare l’immagine e l’illusione della sicurezza e del benessere, piuttosto che prendersi cura della comunità in modo concreto. Di questa scelta bisogna rendere conto alla cittadinanza.
Assemblea generale delle lavoratrici e dei lavoratori delle cooperative sociali