Ieri pomeriggio piazza XX settembre, sotto il Comune, è stata riempita da centinaia di persone. Si sono raccolte attorno ai fatti che stanno scuotendo gli Stati Uniti dopo l’ennesimo omicidio di Stato consumato dalla Polizia americana contro un afroamericano, George Floyd. “I cant’t breathe” significa “non posso respirare”, e gli 8 minuti di agonia in cui quest’uomo ha spirato la propria vita lasciando una bambina e sua moglie sono diventati un nuovo tempo, quello della rivolta di chi non può più subire, non può più accettare in silenzio lo strazio della giustizia e dell’uguaglianza rappresentato dalla violenza dello Stato per sottomettere milioni di persone a causa della loro pelle. Se le razze non esistono da un punto da vista biologico, eccome se esistono nella società. Non esistono diritti uguali per tutti in base al colore della pelle, in base alla lingua o all’origine di provenienza, e in base al censo. Gli oppressi dall’ordine dello Stato stanno dicendo basta, e da due settimane si stanno riprendendo negli Stati Uniti il valore delle proprie vite e la possibilità di trasformarle. Ma questo grido di dignità sta scuotendo l’intero mondo, come un arcipelago in formazione sono migliaia le città dove ieri in tutto il mondo si sono scatenate le energie nelle piazze, per sostenere che le vite dei neri contano, ma anche per ritrovare in ogni latitudine quella forza che nasce dalla sofferenza, dalla discriminazione e dallo sfruttamento.
A Pisa il movimento Non Una di Meno ha lanciato mercoledì scorso l’appuntamento di ieri in piazza. E’ stato vissuto da tanti giovani pisani di origini più disparate, da tanti compagni e compagne di scuola, da tante persone, donne e uomini più o meno giovani che si sono inginocchiati in silenzio col pugno alzato. Hanno preso parola da quei microfoni per la prima volta tante voci escluse dai “dibattiti ufficiali” riempendo di dignità ed emozione la politica di piazza. Non ci sono spazi per antirazzismi di facciata, di chi dice “siamo tutti uguali” e poi nella pratica sfrutta una badante oppure consente le regolarizzazione solo di quei immigrati per far funzionare quest’economia malata, come nell’ultima sanatoria del governo. “Non siamo braccia, siamo persone”, è questo semplice e diretto messaggio che impedisce nelle piazze l’ipocrisia dei buoni sentimenti che nascondono le feroci politiche razziste portate avanti da ogni governo in questi anni.
La piazza di ieri si è trasformata in blocco di oltre mezz’ora del ponte di mezzo, a dimostrazione che dietro questa normalità e questa finta pace c’è solo la violenza subita dai dannati della terra, e che solo rompendo questa normalità che si possono ottenere nuove forme di giustizia e di libertà.
Foto © Ivan Bianchini