E’ successo martedì in tarda serata. Un ragazzo di circa trent’anni, di origine senegalese, si è tolto la vita impiccandosi mentre il compagno di cella era in bagno. Quando è stato dato l’allarme era troppo tardi.
L’uomo era detenuto da novembre, in attesa di giudizio per reati di spaccio; non una pena da scontare, quindi, ma una misura cautelare in attesa del processo. E’ proprio l’eccessivo ricorso delle misure cautelari in carcere (in attesa di giudizio il giudice può disporre anche gli arresti domiciliari o il semplice obbligo di firma, non è necessario il carcere) che porta alla drammatica situazione di sovraffollamento. Sovraffollamento, che rende invivibili le galere italiane, scaricandone il peso sui soggetti più fragili. Pare infatti che il detenuto suicida soffrisse anche di problemi psicologici.
La notizia dell’avvenuto suicidio ha scatenato un’ondata di rabbia fra i detenuti del Don Bosco, dando vita a dalle azioni di protesta, fra cui l’incendio di lenzuola e materassi; protesta durata solo poco ore ma che ha costretto gli agenti penitenziari a rinviare ai giorni successivi alcuni interrogatori e attività previste per la giornata.