Venerdì 1 febbraio alle 17.30 alla Mala Servanen Jin (via Garibaldi 192) si terrà l’assemblea di lancio delle lavoratrici verso lo sciopero dell’8 marzo.
L’8 marzo 2019 SCIOPERIAMO
Ci dicono che sia il compito ‘naturale’ delle donne, e così in molte affrontiamo la corsa ad ostacoli quotidiana per conciliare impegni di lavoro e impegni familiari, spesso rinunciando al tempo per noi stesse. Il tempo è per le donne il bene più agognato e anche lo strumento di ricatto dei datori di lavoro: permessi, flessibilità, straordinari, part-time, turni…richiesti, imposti, minacciati, non concessi, diventano leve per ottenere maggiore docilità e sottomissione, negando diritti e possibilità di protestare. Anche per questo una lavoratrice madre su quattro in Italia rinuncia al posto di lavoro dopo la maternità.
Nonostante la retorica sulla maternità come destino delle donne, alle lavoratrici viene imposto di “scegliere” o il lavoro o la famiglia, forma di pressione praticata fin dall’atto dell’assunzione. In seguito, le penalizzazioni sono di vario tipo, ad esempio calcolando le assenze per maternità e per legge 104 come ‘assenteismo’, venendo quindi ridotti i premi di produzione, oppure come ostacolo all’avanzamento di livello, o escludendo dal calcolo per la quota 100 i contributi figurativi (vedremo se confermato nei decreti attuativi), così da allungare i tempi per andare in pensione alle donne che si sono prese cura dei familiari e/o hanno messo al mondo o adottato figl*. In questa situazione anche la possibilità introdotta dal governo di lavorare fino al nono mese di gravidanza, posticipando i mesi di congedo a dopo il parto, si trasforma in possibile forma di pressione sulle donne.
Nel nostro paese l’indice sui redditi annui medi mostra che il divario salariale di genere è al 43,7% contro una media Ue del 39,6%. Una forbice che si giustifica per una duplice ragione: ai piani alti, dove gli stipendi sono più pesanti, le donne sono di meno. E sono molte quelle che hanno lavori non continuativi, prestazioni interrotte magari per ragioni di welfare familiare, banalmente meno ore lavorate. Per questo le donne sono a rischio povertà specie quando pensionate o divorziate.
Noi scioperiamo e invitiamo i sindacati a indire lo sciopero, contro la precarietà e le discriminazioni.
Contro la ricattabilità sul lavoro, che genera molestie e violenze. Il movimento internazionale #metoo ha disvelato ciò che tutte e tutti sapevano ma che era tenuto nel silenzio, facendo emergere la dimensione e la diffusione delle molestie sessuali nello spazio pubblico e sui posti di lavoro. Con il #wetoogether siamo uscite dall’individualismo delle singole esperienze per riaffermare la potenza dell’essere insieme e lottare per trasformare lo stato di cose presente.
Contro i ricatti e le violenze verso chi il lavoro non ce l’ha: meno regole o nessuna regola, meno diritti o nessun diritto, sfruttamento al limite del lavoro schiavista non solo per le lavoratrici migranti, ma anche per tutti i giovani e le giovani che date le condizioni di lavoro a cui sono costrette ad acconsentire, reputano privilegi i diritti ottenuti con le lotte dalle generazioni precedenti.
Per uscire dalla barbarie di questo mercato del lavoro e del nostro stato sociale, sempre più privatizzato e stratificato, con servizi di serie A per chi se li può permettere, dove anche la salute e l’istruzione non sono più beni comuni per tutte e tutti. Tariffe alte e numero del personale insufficiente sono le due facce della medaglia che nei servizi colpiscono le donne doppiamente, come utenti e come dipendenti. Liste d’attesa, ticket, turismo sanitario, tasse, numeri chiusi, ammissione limitata alle informazioni per muoversi nella burocrazia delle offerte di servizi sono gli ostacoli.
Perché vogliamo autonomia e libertà di scelta sulle nostre vite. Vogliamo essere libere di camminare nelle strade senza avere paura; libere di rompere legami violenti e di ricostruire le nostre vite in autonomia, fuori dal pericolo di ritorsioni o stalking e senza la paura di morire per femminicidio; libere di chiedere separazione e divorzio senza cadere nella povertà.
Il movimento delle lavoratrici e dei lavoratori storicamente è sempre stato presente nelle lotte sociali e ha contribuito alla conquista di diritti sindacali e civili che da tempo sono sotto attacco nel nostro paese come nel mondo globalizzato: c’è bisogno di una risposta globale, transnazionale per resistere a questa ondata reazionaria, antipopolare, razzista e sessista. Trump, Bolsonaro, Orban, Erdogan, Putin… la lista è ben più lunga, ma in agenda al primo posto hanno tutti politiche omofobe e razziste e contro le donne.
Pensiamo che le sigle sindacali non possano più ignorare la necessità di uno sciopero che per la portata delle sue rivendicazioni parla a tutte le lavoratrici e lavoratori e che si pone direttamente in opposizione alle politiche del governo italiano e globale.
Invitiamo tutte le sigle sindacali ad indire e appoggiare lo sciopero globale dell’8 marzo per l’intera giornata, per permettere a lavoratori e lavoratrici di astenersi dal lavoro produttivo: anni di scarsa conflittualità e resistenza hanno contribuito a diffondere rassegnazione e sfiducia nell’azione sindacale e nello sciopero, ma per reagire e non essere complici dell’involuzione autoritaria del governo c’è bisogno di recuperare energia, solidarietà e protagonismo e noi crediamo lo si possa fare a partire da questo otto marzo.
SE LE NOSTRE VITE NON VALGONO, NOI CI FERMIAMO!
Invitiamo lavoratrici e delegate sindacali all’assemblea venerdì 1 febbraio alle 17,30 alla Mala Servanen Jin – Casa delle donne che combattono in via Garibaldi 192. Organizziamo insieme le tappe per la costruzione dello sciopero dell’8 Marzo!