Nel pomeriggio di ieri Hamed, sua moglie e i loro quattro figli sono stati sfrattati da due camionette di celere ed un plotone di vigili urbani dall’affittacamere in cui risiedono da più di un anno, dopo aver subito uno sfratto per morosità incolpevole in un alloggio nel vicino comune di Cascina. Oggi questa storia arriva ad un punto ancora peggiore, con decine di forze dell’ordine, e tanto di Questore, a supporto di un’operazione di sfratto di un’unica famiglia. E’ utile ripercorrere le tappe di questo dramma familiare e sociale per comprendere le responsabilità di questo marcio sistema istituzionale.
Hamed aveva perso il lavoro da manovale a causa della crisi del settore edilizio tutto scaricato nei confronti dei diritti degli operai. Nonostante – per la crisi – i datori di lavoro lo avessero licenziato, il lavoro – precario ed al nero – è contratto senza tutele. A quel punto diventa impossibile sostenere per un alloggio di 50 metri quadri la spesa di 700 euro. Ed Hamed diventa moroso. Con il progredire della pratica dello sfratto, si rivolge ai servizi sociali ed agli uffici di alcuni sindacati inquilini. Fa domanda di casa popolare, porta ogni tipo di documentazione per dimostrare il proprio stato di difficoltà e per chiedere una soluzione. La commissione territoriale gli riconosce lo stato di morosità incolpevole per cui chiede al proprietario, in cambio di 8 mila euro, di sospendere l’esecuzione dello sfratto per un tempo utile a trovare un nuovo alloggio. I padroni di casa di Hamed rifiutano ed a quel punto il bando prevede la possibilità di cercare un alloggio nuovo sul mercato privato con una cifra di circa 10mila euro erogata dallo Stato al nuovo proprietario. Il problema è che quasi nessun proprietario accetta questi contributi poiché sono erogati dagli uffici comunali per l’emergenza abitativa e quindi svelano che il nuovo inquilino è stato uno sfrattato, compromettendone l’affidabilità. Accade allora che il servizio sociale trova, tramite propri canali, un padrone di casa disponibile ad affittare alla famiglia un alloggio, che però si trova nel comune di Ponsacco, a circa 20 km da Cascina. Hamed, senza mezzi di trasporto propri e con i figli iscritti alla scuole superiori ed elementari di Pisa e Cascina rifiuta, in attesa di trovare un nuovo alloggio.
Nel frattempo lo sfratto esecutivo viene realizzato con la complicità dei servizi sociali e della polizia municipale, ed Hamed, seguito dai sindacati inquilini, esce di casa ed entra in un albergo con il contributo del servizio sociale che lo ha in carico. In via Quarantola a Pisa Hamed, la moglie, tre figli minorenni ed uno maggiorenne vengono letteralmente stipati dentro una sola stanza. Hamed chiede il cambio di residenza dal Comune di Cascina a quello di Pisa, ma a causa delle regole previste in seguito al Piano casa Lupi, non gli viene rilasciata. Inizia così un nuovo scaricabarile tra il Comune leghista di Cascina e quello di Pisa con in mezzo la società della Salute – gli assistenti sociali – che assolvono alla funzione di controllori e ricattatori. Viene incolpato Ahmed di aver rifiutato la proposta indecente dell’alloggio a Ponsacco, e a causa di questo peccato originale si moltiplicano i tentativi di intimidazione per espellere la famiglia dal residence. Prima contattano il locatore dicendogli che non sarà più finanziato dal servizio sociale, poi arrivano addirittura a staccargli la luce, lasciando in gravi condizione di pericolo un’intera famiglia, con delle candele al posto della corrente elettrica. Ma Hamed non si dà per vinto e ogni volta torna negli uffici del servizio sociale per strappare quel minimo che gli consente di andare avanti.
Il punto di non ritorno nella giornata di ieri: più di 20 agenti di polizia con tanto di camionette a scortare le pattuglie dei vigili urbani di Cascina, capitanati dal leghista Migliorini già protagonista di diversi episodi di manifesta vigliaccheria e prepotenza nei confronti di famiglie in disagio abitativo. Uno sgombero avvenuto senza comunicazione precedente, solo ventilato dal reiterato “non ti vogliamo più” espresso dall’assistente sociale di riferimento. Un servizio sociale completamente subalterno alle logiche di punizione, controllo nei confronti di chi osa dire “non accetto”, e che davanti alla solitudine di questa famiglia si è mostrato nelle sue forme più brutali. Sotto lo sguardo di decine di operatori dello Stato, di ordine pubblico e di “mediazione sociale”, la moglie e i tre bimbi raccattavano le proprie cose stipandole in delle valigie. Unica soluzione prospettata, dal sapore vendicativo, un nuovo affittacamere nel comune di Ponsacco solo per la madre ed i minori, il più lontano possibile. Dai servizi sociali e dalle varie giunte comunali di Cascina e Pisa lo stesso ipocrita e sordo atteggiamento di indifferenza.
Chi cerca umanità e compassione troverà esclusivamente il ghigno compiaciuto di chi dall’alto delle proprie scrivanie istituzionali rivendicherà il buon senso di spendere migliaia di euro per far traslocare una famiglia- escludendo il padre- da un comune all’altro della provincia Pisana. Un vero e proprio esercizio di cattiveria oramai strutturato nelle regole democratiche di queste Istituzioni servili dei padroni di turno e meschine con i tanti Hamed, fintanto che rimangono soli nella propria disperazione, fintanto che non si attrezzeranno per la propria vendetta contro questo gratuito furto di dignità.