Ieri pomeriggio un folto gruppo di perfezionandi della Scuola Normale, dottorandi e ricercatori ha esposto in piazza dei Cavalieri uno striscione per chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano trucidato con tutta probabilità dalle forze di sicurezza egiziane. Sulla vicenda dell’assassinio dello studioso italiano è stato steso un velo di omertà rispetto al quale il governo italiano si rende corresponsabile per non compromettere i rapporti diplomatici e di scambio commerciale con il paese che, a cinque anni dalla rivoluzione di piazza Tahrir, si trova sotto il controllo dei militari. Giulio Regeni si trovava in Egitto per studiare le nuove forme di organizzazione sindacale e di lotte sul lavoro dopo la fase rivoluzionaria. Il suo lavoro, le storie e i saperi che maneggiava hanno infastidito eccessivamente qualcuno tra le fila dei padroni e della polizia.
“L’angosciosa vicenda di Giulio Regeni ci interpella come persone e come studiosi. Sappiamo che l’attività scientifica è fatta di dedizione e sacrificio. Sappiamo che essa ci sospinge per sua stessa natura ai limiti del conosciuto. Sappiamo che essa pone dilemmi morali a volte laceranti. Non possiamo però accettare che essa comporti la morte per mano di altri uomini. Non possiamo accettare che la volontà di conoscere e far conoscere sia frenata dall’intimidazione”. E’ questo il testo di parte di una mozione che dottorandi al termine del presidio hanno depositato presso il Senato Accademico dell’Università di Pisa chiedendo che “il rettore e gli organi di governo dell’Università di Pisa a farsi promotori presso gli organi competenti del Governo italiano affinché gli stessi vigilino attentamente sul proseguimento delle indagini e il raggiungimento di una verità certa, chiara e ben definita sulla fine di Giulio”.