Recensione tratta da Mescalina.it
“ Sono 70 anni che guardo il cielo e quando c’è vento, soprattutto se sta per piovere, mi sembra di sentire più forte la voce di mio padre. Sono un bambino di 70 anni che parla con il cielo, figlio della speranza e del coraggio, figlio di questa pianura che da allora mi tiene in ostaggio” … le bellissime parole che introducono “ Canzone per Delmo” di Filippo Andreani dipingono alla perfezione Adelmo Cervi, figlio di Aldo e di Verina Castagnetti, autore assieme a Giovanni Zucca, di questo libro molto toccante e poetico.
La storia dei sette fratelli Cervi è stata raccontata e cantate innumerevoli volte, ma questa è una versione particolare, è la storia di un mito raccontata dal figlio che non lo ha mai conosciuto (quando è stato ucciso infatti Adelmo aveva solo quattro mesi) e che appunto in quanto figlio non lo considera un mito ma solo il papà che porta da sempre nel suo cuore, un papà che “era già partigiano prima ancora di toccare un’arma. Partigiano perché di parte, di quella parte che lui sentiva giusta, la parte della pace:della giustizia, dell’uguaglianza. La parte dei fratelli Cervi”.
All’inizio del libro ci sono due fotografie che fissano due momenti chiave della vita della famiglia Cervi e che riassumo la vicenda narrata nel libro: nella prima ci sono i 7 fratelli, le due sorelle, papà Alcide con lo sguardo fiero e mamma Genoeffa Cocconi, nella seconda, scattata dopo l’efferato eccidio dei 7 fratelli avvenuto nel poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 Dicembre 1943 e che rende evidente la profondità del dramma vissuto dalla famiglia Cervi, c’è ancora Alcide vecchio con lo sguardo spento, le 4 nuore vedove e gli 11 nipoti.
In mezzo alle due foto si svolge la vicenda raccontata con grande passione e tenerezza da Adelmo, ci sono il duro lavoro nei campi, l’affermarsi dell’ideologia socialista, la nascita delle cooperative e delle case del popolo, la difesa del lavoro, la voglia comune di progredire e affermarsi, insomma tutto un mondo in fermento e in deciso cambiamento che rivive nel racconto di Adelmo assieme alle emozioni e ai ricordi legati a questo nucleo famigliare così forte, coeso e speciale in cui spicca la forte personalità della nonna Genoeffa, un nucleo famigliare in cui le decisioni più importanti vengono discusse e prese tutti assieme e questa coesione sarà determinante per la scelta di aderire alla Resistenza. La narrazione si fa particolarmente toccante e avvincente quando si arriva al 1943, anno che sembra non finire mai, tanto è denso di avvenimenti e drammaticità. Dopo la caduta di Mussolini in luglio, la cascina dei Cervi diventa base e rifugio per antifascisti, partigiani feriti, prigionieri stranieri, ricercati. Inizia la Resistenza , iniziano le rappresaglie fasciste, le lotte, le fughe fino all’arresto e alla fucilazione dei sette fratelli a Reggio Emilia il 28 Dicembre 1943. I fatti sono raccontati con stile semplice e mai retorico, ma con enorme passione e partecipazione, lasciando sempre parlare il cuore. Adelmo racconta di ideali e di fatti concreti che furono portati avanti per lottare per la libertà e lo fa con enorme passione e partecipazione, utilizzando parole semplici, quelle che riescono a commuoverti e che arrivano alla mente senza troppe filosofie, quelle che ti parlano e cambiano qualcosa dentro di te …
Da mettere in evidenza inoltre che il libro di Adelmo rende un giusto e doveroso omaggio alle donne della famiglia Cervi, donne che non si sono mai risparmiate e hanno dovuto affrontare enormi sacrifici dopo il terribile dicembre del 1943 e che danno comunque una immagine di forza e fratellanza, valori tipici di ciascun componente della famiglia.
Ben venga questo libro che, dopo 72 anni racconta nuovamente in maniera più intima e personale, la vicenda dei fratelli Cervi, spiega l’importanza che questi sette contadini, diventati partigiani, hanno avuto all’interno della Resistenza, ricorda chi non c’è più e ricorda il passato perché sia un incitamento a lottare per il futuro.