Una tempesta che pare scoppiata all’improvviso, che in poco tempo ha riportato nelle piazze pisane numeri, entusiasmo e determinazione che non si vedevano da un po’. Cortei, assemblee, scuole occupate; vecchi e nuovi modi di protestare, vecchi e nuovi modi di organizzarsi. I social hanno un ruolo fondamentale, ma la partecipazione è reale; centinaia di ragazzi e ragazze rompono gli indugi e si riappropriano delle loro scuole con una determinazione lontana anni luce da chi è capace solamente di lamentarsi in una chat facebook.
E’ la prima sostanziosa protesta, nella nostra città, che prende di mira il nuovo Governo. Tra le rivendicazioni degli studenti c’è infatti l’opposizione al progetto “scuole sicure” (le retate negli istituti volute dal Ministro Salvini) e ai tagli all’istruzione.
Nell’Istituto alberghiero la mobilitazione incontra alcune difficoltà; un primo tentativo di occupare viene sventato, si registrano dei danni. Parte la canea mediatica guidata dal preside, seguito a stretto giro dai giornali: “questo è solo vandalismo” “i responsabili devono pagare” “non ha niente a che fare con la vera e legittima protesta”. Nulla di strano: è la distinzione fra buoni e cattivi che viene tentata ogni qual volta una mobilitazione rischia di rompere gli argini.
Questa mattina, mentre centinaia di studenti si radunavano in Piazza Santa Caterina, gli studenti del Matteotti occupavano nuovamente la loro scuola, non in contrapposizione con il resto della protesta, ma in aggiunta. In pochi minuti sulla scuola sono planati gli avvoltoi; il preside, che annunciava tronfio alle telecamere di aver richiesto l’intervento delle forze dell’ordine; i giornalisti che filmavano da dentro la scuola occupata, cercando di ridicolizzare gli studenti che non volevano farsi riprendere (più che legittimo, visto che rischiano denunce e sanzioni); i commentatori da tastiera, che sui social network incitavano al linciaggio degli occupanti.
Ma gli studenti non hanno accettato di lasciarsi raccontare da altri, di farsi dividere tra buoni e cattivi, di permettere che una componente della protesta fosse lanciata in pasto agli sciacalli. Quando sono girate le prime voci delle minacce di sgombero all’alberghiero, il corteo studentesco ha cambiato tragitto, andando a portare la solidarietà di centinaia e centinaia di studenti ai loro colleghi in quel momento sotto attacco. Insieme hanno impedito lo sgombero, insieme hanno ribaltato la narrazione che altri provavano a cucirgli addosso.
La gogna mediatica era stata messa in moto; in tantissimi già condividevano un video costruito ad hoc per screditare gli occupanti dell’alberghiero e dimostrare la povertà delle loro ragioni; in tanti commentavano scandalizzati: professionisti delle proteste ipotetiche, quelli che sanno sempre come andavano fatte le cose, che vorrebbero ogni mobilitazione ordinata e attraversata da compostezza e consapevolezza. E infatti alla fine non muovono mai un dito.
Gli studenti del Matteotti hanno ragione perché chi passa la gran parte della sua vita in una scuola sempre più simile a una caserma ha tutto il diritto di cercare di rompere questa normalità, anche se ad altri il tentativo può sembrare rozzo, inconcludente o controproducente. Costruire qualcosa di nuovo comporta la messa in discussione, anche drastica, di ciò che c’era prima. Le forme della protesta potranno sempre cambiare e migliorare, ma l’importante è che questi ragazzi si siano messi in moto, scuotendo la città da un’insopportabile apatia.
Si mettano il cuore in pace i professionisti della disciplina, perché i giovani e gli studenti troveranno sempre modi nuovi per piegare le loro gabbie.
L’unica critica che ci sentiamo di fare agli occupanti del Matteotti è che invece di fuggire dalle telecamere avrebbero dovuto sfasciarle e cacciare a pedate quei patetici scribacchini che si erano introdotti nella loro scuola. Ma si ci sarà tempo.