Pubblichiamo di seguito una recensione, tratta dal sito Carmilla On Line, del libro L’ONDA D’URTO. AUTOBIOGRAFIA DI UNA RADIO IN MOVIMENTO, dedicato alla ormai trentennale radio libera di Brescia. Come redazione di RISCATTO presenteremo questo libro venerdì 4 novembre alle 17.00 al Newroz, in presenza di alcuni membri della redazione di Radio Onda d’Urto e di altre esperienze di informazione dal basso.
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Radio Onda d’Urto, L’onda d’urto. Autobiografia di una radio in movimento, ed. Agenzia X, Milano, 2016, pp. 224, € 15,00
Radio Onda d’Urto è un laboratorio di comunicazione e di connessioni unico e innovativo nel panorama internazionale. Una rete comunicativa e un propulsore di conflitto sociale, una macchina immaginativa non omologata che riesce a fare movimento e a essere nel movimento, che nasce in uno dei distretti industriali italiani più difficili da analizzare – quello bresciano e lombardo in generale – caratterizzato da una trasformazione capitalista incessante che mette a dura prova le lotte delle nuove soggettività ribelli. Trent’anni fa a Brescia cominciavano le trasmissioni di una radio libera che provava ad accompagnare, oltre la cappa repressiva di quei tempi, i pochi fermenti antagonisti resistenti ed emergenti. Intorno a Onda d’Urto, nacque una comunità che riuscì a svilupparsi anche grazie alla presenza attiva in ogni espressione del conflitto di classe. Una realtà che ha saputo rinnovarsi, senza snaturare la propria sensibilità costitutiva, muovendosi con originale intelligenza collettiva e che ha fatto della partecipazione orizzontale, del coinvolgimento e del confronto la propria forza di relazione. Le caratteristiche di questa interessante esperienza vengono ben raccontate in “L’onda d’urto. Autobiografia di una radio in movimento”, appena pubblicato da AgenziaX. È un libro ricco di spunti culturali, musicali, politici, teorici, sempre accompagnati da una messa alla prova nella prassi delle lotte, una delle caratteristiche più significative dell’esperienza bresciana. Il metodo operaista del “dentro e contro” le contraddizioni della capitalismo, viene affrontato, vissuto e comunicato stando “sulla strada”, dando voce ai conflitti e tessendone le connessioni. La capacità di far rete ha arricchito questa comunità ribelle di numerose adesioni, come dimostra anche la festa di Radio Onda d’Urto che, iniziata nel 1992, è diventata un appuntamento estivo imperdibile per decine di migliaia di persone.
Radio Onda d’Urto nasce in un momento difficile della storia italiana, a metà degli anni ’80, gli anni del riflusso e del post-fordismo, da un gruppo di attivisti provenienti dall’esperienza del movimento del ’77, dalle lotte studentesche e antinucleari e dalle prime occupazioni di centri sociali. La presenza della Radio “in mezzo” al reale ha dimostrato l’efficacia della controinformazione e aumentato gli ascolti con risultati straordinari. Emblematico è stato il “presidio della gru”, nel 2010, quando Onda d’Urto ha svolto il ruolo di informazione e di rete solidale con i migranti che per 17 giorni occuparono una gru “35 metri sopra il cielo” per rivendicare che nessuna persona è illegale. Ma non dimentichiamo che quell’evento molto mediatizzato è stato la continuazione di vent’anni di lotte bresciane a fianco dei migranti, iniziate con l’esperienza di condivisione del quartiere storico del Carmine (che ha impedito anche la gentrificazione) e continuate con mobilitazioni e occupazioni periodiche. Molti altri esempi si potrebbero fare a proposito della significativa relazione tra rete informativa e rete solidale, che caratterizza la progettualità di Onda d’Urto, dai giorni del G8 di Genova (dove Onda d’Urto è fondamentale per la costituzione del network di RadioGap), alla manifestazione antifascista di Cremona, in solidarietà a Emilio Visigalli e al centro sociale Dordoni, alla forte attenzione alle politica internazionale e ai movimenti alternativi internazionali (dall’Europa al Medio Oriente, da Cuba al Chiapas, dagli Stati Uniti al Sud America). Il rafforzamento dei mezzi a disposizione (sito, frequenze, streaming, satellite) ha permesso alla radio – da sempre autonoma da partiti e sindacati, e dagli spot pubblicitari – di essere seguita ben oltre la Lombardia e le regioni limitrofe.
“Sono sicuro che questa cronaca narrativa avrebbe fatto felice Primo Moroni – sostiene Marco Philopat, che ha coordinato e intessuto il patchwork redazionale – non solo perché collaborò alla Radio ma perché è frutto di una conricerca e di un lavoro di elaborazione delle testimonianze di molti tra coloro che nel corso del tempo hanno partecipato al progetto della radio. Il risultato è una ricca miniera di idee e riflessioni per tutte le realtà controculturali italiane e non solo che lavorano in territori specifici, ma aperte a un respiro di sovversione globale”.
Aggiunge Umberto Gobbi della redazione: “Fin dalla sua nascita, la radio ha voluto essere libera e autogestita, si è considerata come un granello di sabbia nell’ingranaggio della costruzione del consenso. Una voce per le realtà di lotta costrette al silenzio. Con questo libro proviamo ad aggiungere uno strumento di riflessione sulle radici e sulle diramazioni che ci hanno condotto fino al presente. Uno sguardo al nostro passato per fronteggiare le sfide future più consapevoli dei mezzi cui disponiamo, proprio come afferma un personaggio di Milan Kundera ne ‘Il libro del riso e dell’oblio’: La lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio. Questo volume non ha alcuna intenzione celebrativa, piuttosto vogliamo raccontare la storia della nostra comunità resistente, i momenti più importanti, le motivazioni fondamentali, le idee innovative e quei frangenti in cui la radio eseguiva un passaggio significativo per la sua crescita. La radio è diventata un soggetto visualizzato nelle sue innumerevoli differenze e che si muove come fosse una persona reale, un personaggio creato con la tecnica della scrittura, grazie a un complesso lavoro redazionale, con le numerose testimonianze che sono state trasformate dal personale al collettivo, dall’io al noi, fino ad arrivare alla terza persona. Così abbiamo provato a mettere la telecamera della macchina del tempo all’indietro, in mano alla radio, per dare uno sguardo, dall’alto delle sue antenne, anche sulla storia dei movimenti di questi ultimi trent’anni”.
“L’onda d’urto” è – come ben scrivono i giovani redattori che hanno raccolto le testimonianze orali – “il racconto corale di una comunità ribelle, un esperimento con una trama di flash, aneddoti, ricordi sfuocati, tessuta su un telaio di contaminazioni tra passato e presente, tra la memoria dei militanti storici e la rielaborazione di quelli più giovani. È un punto di vista parziale, prospettico, che si muove in un territorio preciso con un protagonista collettivo ben definito, una radio come un lago che raccoglie i suoi più minuscoli affluenti, è questa una storia che riguarda anche tutti coloro che ambiscono alla trasformazione dell’esistente. Negli anni ottanta, chi fondò Onda d’Urto lo fece perché aveva chiara la centralità che stava assumendo – con la discesa in campo di Berlusconi – l’informazione: prendeva sempre più forma la consapevolezza che fosse ormai diventata uno dei gangli principali della ristrutturazione del capitale e che porsi su questo piano volesse dire scontrarsi in termini di classe con il nemico. Oggi più che mai ci sembra importante il dibattito sulla capacità di costruire media antagonisti, in grado non solo di disarticolare la narrazione mainstream – ma anche di rovesciarne il sistema, incepparne la riproduzione infinita che oggi viviamo. La radio è uno strumento e un polo di aggregazione in grado di rilanciare in continuazione il conflitto sociale, una realtà sempre presente sui più svariati temi. Una piazza virtuale e fisica di mobilitazione. Uno spazio che può essere riempito di contenuti politici, ma anche culturali e musicali, capace di parlare ad aree eterogenee e intercettare sensibilità differenti all’interno della società”.
Un celebre concetto deleuze-guattariano ci consiglia di non fare la storia ma la geografia, non il punto della situazione ma la linea di fuga che ci permettono la creatività, proprio per non creare dei blocchi che favoriscono il sistema di controllo, per non fissare la territorializzazione che impedisce il divenire. La storia e la geografia dell’avventura di Onda d’Urto e questo libro dimostrano che questo timore non ha ragione d’essere se il sapere è frutto dell’esperienza delle lotte.