Una sentenza importante quella di ieri nei confronti di Massimo, abitante di Sant’Ermete e membro del comitato di lotta che alcuni anni fa entrò in una delle troppe case abbandonate del quartiere rivendicando il suo diritto a una vita dignitosa.
Per anni Massimo aveva vissuto, sempre nel quartiere di Sant’Ermete, nella cantina della casa della madre Maria; la madre non aveva possibilità di ospitarlo nel suo appartamento, perché lei era già costretta in una situazione di grave sovraffollamento. Oltretutto l’Apes era a conoscenza della situazione e percepiva un ulteriore canone d’affitto dalla famiglia perché la cantina era “abitata”!
Dopo l’ennesimo allagamento della cantina, ormai stufo della situazione e sostenuto da tutti gli abitanti del quartiere, Massimo ha deciso di entrare in una delle decine di case vuote per sistemarla e viverci in maniera più salubre e dignitosa.
Apes e Comune, nonostante quell’appartamento non fosse in via di assegnazione (faceva parte delle case da demolire, dunque non era assegnabile per via ordinaria, e all’epoca non esisteva alcun protocollo per le assegnazioni degli alloggi di Sant’Ermete per emergenza abitativa) hanno prima provato a intimorire Massimo con l’intervento delle forze dell’ordine, senza risultato, e poi deciso di procedere per vie legali, denunciandolo per occupazione e danneggiamento.
Ieri il primo grado del processo è arrivato a conclusione, con un’assoluzione per Massimo: il giudice ha infatti riconosciuto lo stato di necessità e constatato la responsabilità dei proprietari (Comune e Apes) nell’aver lasciato all’abbandono il patrimonio pubblico e non aver strutturato percorsi di inserimento abitativo per Massimo.
Una sentenza importantissima ce segna un precedente nei confronti delle tante famiglie in emergenza abitativa e che, soprattutto, mette con le spalle al muro le istituzioni nel definire la loro fallimentare gestione dell’edilizia residenziale pubblica.