Pubblichiamo integralmente una nota della Nuova Periferia Polivalente che fa il punto sui sei anni di occupazione che hanno permesso di salvare gli impianti sportivi della Fontina dal degrado e dalla speculazione, e sull’ipotesi di assegnazione diretta che si profila nel futuro prossimo. Di tutto questo si discuterà domani alle 17.30 all’assemblea pubblica durante l’evento per i sei anni di autogestione.
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Dall’occupazione all’assegnazione diretta, quale futuro per la Periferia Polivalente e per gli spazi sociali in città?
Con una recente delibera la Provincia di Pisa ha decretato l’assegnazione diretta, in via provvisoria, degli impianti sportivi della Fontina alle persone che li hanno occupati e riqualificati sei anni fa e che da allora li autogestiscono senza fini di lucro e con finalità di aggregazione e cooperazione sociale.
Si tratta di un dietrofront storico da parte del Partito Democratico, che, ormai da anni, a Pisa come in tutta Italia utilizzava ben altro metro di confronto con le esperienze di riappropriazione e occupazione. Basti pensare alle violente cariche della celere con cui, nella nostra città, soltanto pochi mesi fa, l’amministrazione cercava di mettere fine all’esperienza della Mala Servanen Jin occupata in via Garibaldi.
Anche nel caso della Periferia Polivalente della Fontina, lo spazio che si avvia ora verso un’assegnazione e una regolarizzazione, sono stati numerosi i tentativi di sabotaggio da parte delle forze politiche che amministrano la Provincia. E’ quindi soprattutto grazie alla determinazione e alla chiarezza progettuale degli occupanti che è stato possibile raggiungere questo, temporaneo e del tutto parziale, risultato.
Un po’ di storia
Nuova Periferia Polivalente è il nome con cui il movimento Occupy Pisa ha ribattezzato gli impianti sportivi della Fontina, occupati il 15 maggio 2012 dopo circa un decennio di abbandono. Occupy Pisa era nato sulla scia dei movimenti occupy del resto del mondo, nel solco della crisi economica e finanziaria e col dichiarato obiettivo di provare a ribaltare lo strapotere di quell’ 1% della popolazione che detiene le risorse e tiene in scacco il restante 99%.
Prima di giungere alla Fontina, Occupy Pisa aveva occupato per alcuni mesi uno stabile in via La Pergola, al centro di una compravendita speculativa legata alla scalata della Banca Antonveneta, poi sgomberato con violenza, e tenuto un presidio permanente di alcuni mesi in Piazza Dante, in pieno centro. Il 15 maggio, dopo un lungo corteo, erano stati infine riaperti i cancelli della polisportiva sita tra via di Pratale e via Carducci.
L’occupazione aveva svelato un vero e proprio scandalo: non solo un enorme spazio di proprietà pubblica era stato sottratto per un decennio alla collettività, ma addirittura la Provincia, proprietaria degli impianti, aveva creato una vera e propria bomba igienico-sanitaria. Per prevenire (?) il via vai e lo stazionamento abusivo di persone nei locali degli spogliatoi le istituzioni avevano pensato bene di murare le porte e le finestre dell’edificio, sigillando però maldestramente all’interno per anni un’enorme quantità di vomito, siringhe, urina e feci umane.
Gli occupanti hanno impiegato diverse settimane per riqualificare l’area, organizzando piccoli eventi per finanziare i lavori e dovendo ricorrere anche a dei professionisti della disinfestazione per bonificare e sanificare la struttura, rendendola di nuovo agibile; fin da subito, inoltre, molti abitanti della zona, soprattutto dal lato della Fontina, hanno riposto fiducia nel progetto, partecipando alla riqualificazione degli impianti e alla loro successiva autogestione. E’ così che, un mese e mezzo dopo, è avvenuta l’inaugurazione del progetto sportivo e sociale nato negli spazi occupati; da quel momento, con diversa intensità e partecipazione, non sono mai cessate le attività della Nuova Periferia Polivalente.
La situazione degli spazi in città
Pisa è una città che ha alle spalle una lunga tradizione di riappropriazione di spazi lasciati sfitti e inutilizzati; la pratica delle occupazioni, per fini abitativi o per far dare vita a spazi sociali, è sempre stata molto diffusa. Sono numerosi gli esempi di come gruppi, associazioni, collettivi abbiano in più occasioni sopperito alle mancanze istituzionali rendendo nuovamente fruibili spazi abbandonati dall’amministrazione (o da privati che non riuscivano a trarne abbastanza profitto).
E’ evidente anche come, soprattutto in tempi recenti, il Comune di Pisa abbia mostrato un’ostilità sempre più decisa nei confronti degli spazi occupati. Da una parte il Partito Democratico si maschera con istanze di apertura, per esempio tramite il grottesco “regolamento per i beni comuni” approvato lo scorso anno; regolamento che sembra finalizzato unicamente a predisporre lavoro gratuito per la manutenzione delle aree pubbliche, o ad appaltarle direttamente a soggetti privati disposti a lucrarvi.
Dall’altra vengono esplicitamente colpite le reali esperienze di autogestione e rigenerazione dei beni comuni, soprattutto quando non sono allineate al partito di governo della città, o peggio lo criticano apertamente. A riguardo l’esempio più recente è dato dall’attacco portato circa un anno fa agli spazi femministi occupati nel solco del movimento Non Una Di Meno; la Limonaia e la Mala Servanen Jin entrambe sgomberate. In particolare lo sgombero della Mala è stato eseguito con inedita violenza, cariche e pestaggi per tutta via Garibaldi. Entrambi gli spazi sono poi stati rioccupati nelle settimane successive.
La linea dura dal PD pisano nei confronti degli spazi occupati, portata avanti negli scorsi mesi, sembrava fra l’altro eseguire pienamente i dettami del Ministro degli Interni Minniti, che ha innescato su tutto il territorio italiano una vera e propria crociata di sgomberi.
Tuttavia nella città della Torre la risposta è stata determinata: proprio dopo gli sgomberi degli spazi femministi è nato il percorso di “Decide la città”, che ha coinvolto numerose lotte territoriali in assemblee pubbliche e iniziative, fino al grande corteo del 10 giugno scorso attraversato da centinaia di persone; protagonisti di questo movimento molti soggetti invisi all’amministrazione comunale, esclusi dalla partecipazione e dalla decisionalità, ma decisi a lottare per ritagliarsi spazio. Dalle lotte per la casa, ai richiedenti asilo contrari al lavoro gratuito, dalle rivendicazioni femministe fino ai giovani studenti e precari. E, ovviamente, anche gli spazi sociali autogestiti, tra cui appunto la Nuova Periferia Polivalente.
Anche a La Fontina, infatti, le istituzioni negli anni si erano presentate soltanto per provare ad allontanare gli occupanti. Più volte gli accessi dai due lati sono stati chiusi con pesanti catene, nella speranza che gli attivisti si rassegnassero e interrompessero le loro attività, più volte sono state chiuse le forniture dell’acqua. Periodicamente la stampa pubblicava veline dell’amministrazione provinciale che descrivevano l’area come abbandonata a sè stessa, e millantavano futuri piani di riqualificazione. Ogni volta gli occupanti hanno riaperto i cancelli della polisportiva, ripristinando i servizi e dimostrando come l’operato di un pugno di volontari fosse comunque più efficiente del carrozzone dell’amministrazione che era stato capace solo di condannare l’area a un decennio di degrado e abbandono, a scapito del vicinato e della cittadinanza tutta.
Il Parco Pubblico per lo Sport
Durante i sei anni di occupazione, più volte è stato dibattuto tra i cancelli della Nuova Periferia Polivalente se vi fosse la possibilità di regolarizzare questa esperienza. Qualsiasi tipo di evoluzione del progetto avrebbe comunque dovuto mantenere dei punti fermi.
Il più importante riguarda la natura sociale e popolare di quanto è nato e si è sviluppato negli impianti della Fontina. Uno spazio, di proprietà pubblica, è stato strappato al degrado e restituito alla collettività, permettendo a centinaia di persone ogni giorno di frequentare e usufruire dell’area. L’utilizzo dei campi da calcio, calcetto, pallavolo, tennis e del canestro da basket è gratuito, gli spazi sempre aperti per chiunque voglia fare attività sportiva o semplicemente attraversarli. Anche le attività sportive strutturate, i corsi di kick boxing e yoga e la sala pesi, sono all’insegna dello sport popolare, accessibili anche per chiunque non abbia disponibilità economica per frequentare una palestra commerciale.
Questo sarebbe dovuto rimanere un caposaldo del progetto; contro quindi la possibilità che nell’area si verificassero speculazioni di tipo edilizio, snaturando la sua finalità, ma anche contro la possibilità di una privatizzazione degli impianti, di una loro gestione affidata a un soggetto imprenditoriale intenzionato a trarne profitto.
Su queste linee guida gli occupanti, insieme al comitato degli abitanti de La Fontina, hanno ipotizzato la possibilità di trasformare l’area in un Parco Pubblico per lo Sport. Trasformare l’area in parco pubblico avrebbe garantito l’accessibilità e la libertà di utilizzo a chiunque, svincolandola definitivamente da una logica commerciale; parallelamente sussisteva l’interesse a mantenere le caratteristiche di area adibita e attrezzata per l’attività sportiva, realizzando un esperimento nuovo, ben più strutturato di cinque arnesi posti sul viale delle Piagge.
Dall’idea si è passati a una vera e propria progettazione, e così il progetto del Parco Pubblico per lo Sport, disegnato dagli occupanti e dal comitato de La Fontina, coinvolgendo altre realtà sportive del territorio, è stato presentato all’amministrazione provinciale. Per lungo tempo non vi è stata alcuna risposta, anzi, il Partito Democratico ha nuovamente provato un’operazione di “sgombero morbido” dell’area, chiudendo i cancelli, piazzando cartelli che diffidavano le persone ad attraversare l’area in quanto non sicura, e minacciando di denuncia gli attivisti.
La risposta è stata sempre la solita, determinata e compatta, della riapertura degli impianti, ma nel frattempo qualcosa stava cambiando: la resistenza e la rioccupazione della Mala in via Garibaldi aveva dimostrato come fosse veramente difficile mettere a tacere le esperienze di autogestione, nonostante l’ingente utilizzo delle forze di polizia, e il corteo del 10 giugno “Decide la città” aveva palesato l’esistenza di una poderosa parte di Pisa decisa a difendere, in maniera compatta, le lotte sociali e gli spazi che le rendevano possibili.
Dopo lunghi anni in cui la Provincia ha finto di ignorare l’esistenza della Nuova Periferia Polivalente, dopo aver lasciato marcire sulle scrivanie il progetto del parco pubblico, dopo essersi relazionati con questa esperienza unicamente come problema di ordine pubblico, da fiaccare e contrastare, alla fine l’amministrazione ha accettato di incontrare gli occupanti. Si andava verso l’idea di un’assegnazione diretta in via provvisoria.
Bandi pubblici e assegnazioni dirette
Più volte negli anni è stata sbandierata dalla Provincia la possibilità di assegnare la gestione degli impianti tramite un bando pubblico; la via dell’assegnazione diretta invece non veniva minimamente presa in considerazione. Questa linea (portata avanti anche dall’amministrazione comunale, e in generale dal Partito Democratico in città) viene giustificata dietro la logica della trasparenza: un bando sarebbe la via più lineare, poiché aperto a tutti, mentre l’assegnazione diretta sarebbe una dinamica “clientelare” di procedere. Tutto vero, in teoria, ma la realtà è un’altra.
Troppo spesso infatti nella nostra città abbiamo assistito a bandi truffa: teoricamente aperti a tutti, ma praticamente strutturati su criteri che designano in partenza il vincitore. Si tratta quindi di vere e proprie assegnazioni, camuffate da bando pubblico.
Il caso più emblematico in assoluto fu forse l’assegnazione della gestione della Stazione Leopolda: uno dei requisiti per partecipare al bando era la formazione di un cartello di almeno 40 associazioni, e guarda caso esisteva un unico soggetto che rispondeva a questi parametri e cioè il vecchio comitato di gestione, la rete di associazioni “Casa della Città Leopolda”.
Al di là di questo caso vergognoso e plateale, troppo spesso accade di veder vincere bandi pubblici ai “soliti noti”, e di poter scorgere come i criteri di punteggio dei bandi siano strutturati apposta per favorirli.
Dove sarebbe la trasparenza in tutto questo? E’ invece molto più trasparente procedere per assegnazione diretta, dichiarando pubblicamente le motivazioni che hanno spinto a preferire un soggetto, una modalità di gestione rispetto a un’altra, e assumendosene la responsabilità.
Per questo gli occupanti de La Fontina sono sempre stati ostili alla possibilità di un bando: sarebbe stato semplicemente il modo per sottrarre nuovamente lo spazio alla cittadinanza e assegnarlo a una delle tante associazioni sportive vicine all’amministrazione comunale.
Il dialogo con la Provincia si è quindi strutturato intorno alla possibilità di un’assegnazione diretta, ipotesi che si è poi andata a realizzare, seppur con la formula transitoria di breve durata, ma che costituisce comunque un punto di partenza e un precedente importante; questa assegnazione ha soprattutto un valore politico, perché ha costretto le istituzioni a riconoscere l’importanza e la validità di un lavoro di riqualificazione dal basso durato sei anni.
Quale futuro per gli spazi autogestiti?
Quale futuro attende la Nuova Periferia Polivalente? E qual è il destino degli spazi sociali in città? Senza dubbio questa assegnazione non è un punto di arrivo ma un punto di partenza; l’obiettivo rimane sempre il solito, garantire che questo spazio non sia privatizzato ma mantenga un utilizzo pubblico, collettivo, sociale. Le istituzioni, al termine dell’assegnazione provvisoria, intendono procedere a un’assegnazione di lungo periodo tramite bando pubblico. E’ chiaro che, o questo bando sarà basato UNICAMENTE sui criteri che garantiscano la fruizione gratuita dei campi, la natura sociale della polisportiva, il rapporto proficuo e vivo con i quartieri limitrofi, o le realtà che da sei anni gestiscono la Nuova Periferia Polivalente vi si opporranno con forza. Questa assegnazione provvisoria deve diventare il giorno zero di un nuovo modo di concepire e organizzare gli spazi comuni, non certo un contentino temporaneo per poi tornare alla vecchia modalità di speculazioni e privatizzazioni.
Ma dall’assegnazione diretta degli impianti sportivi della Fontina nasce un precedente importante per tante altre realtà del territorio, che hanno occupato, riaperto, rivitalizzato spazi abbandonati dalla mala amministrazione; quello che è avvenuto per la Nuova Periferia Polivalente può e deve essere replicato per le tante esperienze di autorganizzazione che fino ad ora sono state ignorate o osteggiate dall’amministrazione comunale.
Perché, a partire da un nuovo modo di concepire gli spazi comuni, si possa creare un nuovo modo di concepire questa città.
Nuova Periferia Polivalente – Palestra Popolare La Fontina