All’inizio del mese di marzo sono stati molteplici gli interventi delle forze dell’ordine, in particolare della unità cinofila anti-droga, nelle scuole pisane, in particolare a Pontedera, all’istituto Ipsia e al Fermi. Dei veri e propri blitz, imposti dal preside e dai professori, che hanno portato al ritrovamento di piccoli quantitativi di marijuana nei bagni degli istituti scolastici. È successo anche in altre città come Modena, Bologna, Cremona, Brescia e Roma, dove addirittura uno studente è stato arrestato durante l’ora di ricreazione.
Già in occasioni precedenti i genitori si erano opposti all’intervento della polizia manifestando la propria contrarietà all’uso di cani antidroga all’interno delle scuole. Anche in altre scuole di Pisa come all’alberghiero Matteotti si sono verificati episodi analoghi con agenti della finanza in borghese che si aggirano all’interno del cortile controllando gli studenti. Durante queste operazioni di polizia vengono fatti uscire tutti gli studenti dalle proprie classi interrompendo le ore di lezione per poter perquisire tutti gli zaini lasciati di fianco ai banchi e successivamente gli alunni vengono disposti in fila nei corridoi e controllati dai cani anti-droga.
Questi avvenimenti stanno facendo molto discutere, soprattutto in questo periodo, sul consumo di stupefacenti e sullo spaccio tra i giovani nelle scuole ma non solo. Questo fenomeno ha bisogno di una più ampia riflessione, a partire dallo sforzo di risalire alle cause dei fenomeni in questione. Comprendere serve a giudicare e giudicare non sempre serve.
Le riforme di questi ultimi anni hanno trasformato sempre di più le scuole in luoghi di disciplinamento e controllo degli studenti: presidi-sceriffo, aumento delle sanzioni, riduzione dei margini di decisionalità per gli studenti. Tutte condizioni utili a elimare il presupposto fondamentale della scuola: la crescita autonoma della persona in una dimensione collettiva. La cooperazione, l’autonomia decisionale vengono sacrificate in favore di valori quali l’obbedienza, la competizione, la subalternità e lo spirito di sacrificio per obiettivi esterni, mai per se stessi.
Il piccolo spaccio tra i giovani è sempre esistito. Quella decina di euro in più per uscire la sera con gli amici, avere qualche risorsa a disposizione in più quando le condizioni in famiglia sono precarie o semplicemente per essere riconosciuti dal “gruppo” o dagli “altri”. Tutto questo non ha mai sfornato criminali di grosso calibro. E’ il livello di un’informalità dove la socialità che ha più importanza per i ragazzi si riproduce e dove la linea tra legalità e illegalità non è mai stata presa in eccessiva considerazione. In questa nuova scuola, dove l’unica dimensione collettiva che viene offerta è quella conformista che presenta il volto opprimente dell’istituzione che sottrae libertà e autonomia, nel vendere qualche grammo di fumo si accentua la distanza con la scuola, l’individualismo, la voglia di affermarsi contro gli altri.
Probabilmente i presidi delle scuole dovrebbero porsi questi quesiti piuttosto che ordinare spedizioni punitive nei confronti di adolescenti frutto della loro stessa ipocrisia o aspirare ad incontri preventivi tra studenti e gli stessi poliziotti che li denunciano nelle loro scuole.