Scuole in protesta: continuano le mobilitazioni

Ad una settimana dalle prime occupazioni del liceo F. Buonarroti e del liceo U. Dini, le proteste non si fermano. Proponiamo qui il quadro delle proteste studentesche contro tagli all’istruzione, la fatiscenza delle strutture scolastiche e la nuova Riforma Valditara e condividiamo i comunicati prodotti dagli studenti e le studentesse in protesta.

  • Martedì 10 dicembre inizia l’occupazione coordinata ai licei Buonarroti e Dini. Da questo momento fino al sabato 14 dicembre, i due licei rimangono occupati dallə studentə che organizzano laboratori, corsi di approfondimento, momenti di socialità all’interno delle scuole. Leggi qui per recuperare l’articolo con il comunicato di occupazione.
  • Tra l’11 e il 12 dicembre al liceo Classico G. Galilei gli studenti e le studentesse scioperano dalle lezioni, in protesta contro i tagli all’istruzione e la nuova riforma Valditara, per richiedere lo svolgimento dell’autogestione, che fino a quel momento non veniva svolta nell’istituto da tredici anni. Lo sciopero si svolge prima con un sit-in in cortile e il giorno dopo, a seguito dell’indisponibilità della presidenza ad accogliere le richieste, con l’occupazione dell’atrio e delle scale per tutto il corso della mattinata. Così facendo, lə studentə raggiungono i loro obiettivi: l’autogestione viene approvata e per le giornate successive, fino al sabato 14 dicembre, si svolgono svariati corsi, riflessioni e approfondimenti autogestiti.
  • Negli stessi giorni si crea un’agitazione tra gli studenti e le studentesse dell’IIS E. Santoni e le lezioni vengono fermate per diversi giorni, dal giovedì 12 dicembre la scuola è occupata.
  • Ad una settimana di distanza dalle prime occupazioni, inizia una nuova ondata: Lunedì 16 dicembre viene occupato l’IPSIA Fascetti, che rimarrà occupato fino al giovedì 19 dicembre. 
  • martedì 17 dicembre il Liceo Carducci viene occupato, anche qui le parole d’ordine sono i tagli all’istruzione, con particolare accento ai tagli sulle figure dell’assistenza specialistica praticati dalla Società della Salute su alcuni istituti superiori pisani, la Riforma Valditara e il DDL 1660. Si parla anche della fatiscenza delle strutture e del dislocamento dellə studentə nelle sedi succursali, che da anni subiscono le conseguenze di una scuola che non è fornita di abbastanza aule e spazi didattici, di PCTO e orientamenti obbligatori. L’occupazione si conclude giovedì 19 dicembre.
  • Martedì 17 dicembre la protesta si estende anche a Cascina, dove l’IIS Pesenti viene occupato. A muovere lə studentə ci sono le stesse rivendicazioni: i tagli all’istruzione e il decreto sicurezza; i tagli all’assistenza specialistica; la fatiscenza della struttura; la privazione di spazi per lə studentə, come l’autogestione; lo sfruttamento e l’assenza di tutela dei PCTO. Le giornate di occupazione sono animate di assemblee, spazi di confronto e autogestione che approfondiscono le ragioni della protesta. L’occupazione si conclude giovedì 19 dicembre.
  • Nella notte tra martedì 17 e mercoledì 18 l’agitazione si estende anche all’ITIS Da Vinci, all’ITC Pacinotti e all’IPSAR Matteotti. In quest’ultimo le lezioni sono bloccate per tutta la mattinata e lə studentə sono in fermento.

Fioccano articoli dei giornali sui “blitz e irruzioni di esterni negli istituti Da Vinci e Pacinotti, si spendono parole di condanna da ogni dove. Sono scene già viste negli anni, retoriche che si reiterano. Agli Istituti Da Vinci e Pacinotti non va tutto secondo la tranquillità delle dirigenze, non è un’occupazione “ordinata”, che segue un bon-ton mobilitativo che bene o male tranquillizza gli animi di chi guarda alle proteste studentesche con sguardo apprensivo e paternalista.
Al Da Vinci e al Pacinotti come in tante altre scuole lə studentə occupano ed esprimono rabbia, anche rompendo oggetti, anche recando danni alla struttura. Perché la rabbia dettata dal declino del diritto allo studio, della sempre maggiore marginalizzazione degli istituti tecnici e professionali, del classismo e razzismo sistemico all’interno delle scuole, non è qualcosa che può sempre essere perimetrata in uno schema di manifestazione “per bene”, in cui tutto fila liscio, in cui tutto procede con ordine e disciplina.

Nelle scuole sempre più viene scaricata sugli studenti e le studentesse la responsabilità di far tornare tutto, di curarsi delle strutture fatiscenti, di curare l’immagine della scuola; È secondo questa logica che si colpevolizza chi questa responsabilità non la vuole su di sé, ma la vuole indicare in chi realmente dovrebbe assumersela. Le istituzioni formative, che scaricano verso il basso le responsabilità, sono pronte ad applaudire quando lə studentə si prendono carico di ciò che non spetterebbero a loro, quando puliscono la scuola, imbiancano le pareti, sopperiscono ai danni dovuti a decenni di mancanze da parte delle istituzioni; sciorinano belle parole di congratulazioni quando possono ancora trarre dei vantaggi, quando possono sfruttare gli studenti e le studentesse anche nel momento in cui si mobilitano.
Nell’etichetta del buon studente occupante si richiede disciplina, ordine, sicurezza.
Gli si permette di alzare la voce, ma fino ad un certo punto; Si scarica su di lui il ruolo di “sorvegliante”, il ruolo securitario, la responsabilità di mantenere tutto entro uno schema definito ed eventualmente sedare chi la voce la alza di un tono di troppo.

E così, coloro che da quegli schemi escono, che alzano la voce in una maniera diversa, che fa storcere i nasi agli amanti dell’ordine, smettono di essere gli “studenti che protestano”, “i ragazzi che si prendono i loro spazi”. Diventano gli “esterni incappucciati”, quelli che fanno i “blitz”, i “pericolosi e violenti”, nel tentativo di separarli dallə altrə studentə, di renderli nemici, creare diffidenza, amplificare delle differenze che la scuola genera e di cui si nutre, che hanno a che fare con il classismo e con il razzismo.
Ma pericolosi non sono degli studenti che occupano la scuola, pericolosa è una scuola che da decenni viene definanziata, pericolose sono le strutture fatiscenti, violenta è una riforma che priva gli studenti e le studentesse della possibilità di studiare gratuitamente. E c’è chi, nelle scuole pisane, questa violenza la sta riconoscendo e sta alzando la testa, ognunə a suo modo, con le sue parole, i suoi tempi e spazi, perché non c’è un modo “giusto” o “sbagliato” per alzare la testa. La rabbia degli studenti e delle studentesse inizia ad essere ingovernabile e questo fa paura a chi cerca di mantenere tutto in ordine. Nelle scuole le fondamenta tremano.


A seguire, alcuni comunicati delle studentə:

Comunicato del Collettivo Autorganizzato Galilei
Dopo il movimento di occupazioni studentesche contro le riforme del governo a Pisa e altrove, come collettivo e insieme a tutti gli studenti abbiamo spinto per un’assemblea straordinaria con lo scopo di ottenere l’autogestione (assente da 13 anni dal nostro istituto). Martedì abbiamo svolto un sit-in nel cortile sotto la pioggia in cui si è svolta una votazione in cui quasi all’unanimità è stato deciso di chiedere un tavolo con la preside per parlare degli avvenimenti. A questo tavolo la preside si è mostrata disponibile a un’autogestione che si sarebbe però tenuta solo il pomeriggio, con il normale svolgimento delle lezioni la mattina; per noi questa proposta era inaccettabile e non avrebbe significato niente ai fini della nostra protesta, perciò abbiamo deciso di continuare la lotta il giorno dopo. La mattina abbiamo deciso di entrare a scuole rimanendo nell’atrio e nelle scale, permettendo di entrare a chi lo voleva; abbiamo notato che le porte d’emergenza erano chiuse da catenacci a differenza degli altri giorni, ponendo un potenziale pericolo alla nostra sicurezza. Dopo quattro ore di attesa e protesta finalmente la preside è arrivata, rallentando l’approvazione dell’autogestione richiedendo sondaggi tra gli studenti e consultazioni con i genitori; è stato fatto un sondaggio tra gli studenti che ha visto una maggioranza vicina al 90% a favore dell’autogestione. Anche dopo ciò la preside ha continuato a parlare di approvazione da parte dei genitori e del collegio dei docenti nonostante la possibilità di permettere subito l’autogestione. Siamo rimasti a scuola fino alle 15, per poi uscire con lo scopo di lasciare spazio al collegio docenti di decidere. Abbiamo atteso la decisione del collegio docenti, che dopo essere stato messo alle strette dalla volontà degli studenti ha approvato l’autogestione.
Riteniamo questa una grande vittoria che siamo riusciti ad ottenere tramite la nostra lotta fatta da organizzazione e determinazione, la cui importanza è accentuata dal fatto che questa è la prima autogestione vista dal classico dopo 13 anni, e viene svolta per motivazioni che riguardano la protesta nazionale contro le riforme scuolicide e riformicide. Il nostro obiettivo è sempre stato combattere una battaglia nazionale e non ci aspettavamo di incontrare un’opposizione così forte dalla nostra scuola, ma siamo contenti di aver concluso la vicenda con una vittoria così grande, che ci permette di andare avanti nella nostra battaglia per il pensiero critico nelle scuole e la difesa dai tagli.

Comunicato di inizio occupazione del Liceo Carducci
Questa notte degli studenti hanno occupato il liceo Carducci come atto di disobbedienza civile volto a riappropriarsi della scuola come luogo di informazione, confronto, interesse e socialità. Il gesto non è rivolto contro il singolo istituto, ma abbiamo deciso di unirci come studenti per amplificare il nostro dissenso contro le manovre governative in atto (i recenti tagli ai fondi destinati all’istruzione e all’assistenza specialistica, il Decreto Valditara e la riforma Bernini) che demoliscono sistematicamente tutti i settori dell’istruzione e della formazione:

– Con il decreto Valditara è stato ridotto ulteriormente il tempo da dedicare alla formazione, sostituendolo con attività di orientamento che, insieme al PCTO, annullano ancora una volta la funzione primaria della scuola: l’istruzione. Inoltre, i programmi imposti dal decreto per l’educazione civica ostacolano lo sviluppo di un effettivo senso civico negli studenti e la creazione di un pensiero critico autonomo; Iniziative come l’educazione civica e il PCTO, progettate per formarci come cittadini consapevoli e prepararci al mondo del lavoro, hanno perso il loro valore originario. L’educazione civica, affidata alla buona volontà dei docenti, viene trattata come una materia di secondo piano, mentre il PCTO, anziché fornirci competenze utili, finisce per sfruttarci come forza lavoro gratuita. La mancanza di una vera educazione civica ci priva di strumenti fondamentali: non sviluppiamo capacità di pensiero critico né impariamo a conoscere i nostri diritti e doveri. Questo frena il nostro sviluppo personale e alimenta il fenomeno dell’abbandono scolastico. Intanto, mentre le scuole pubbliche registrano un aumento delle defezioni, quelle private si mantengono stabili grazie al sostegno economico delle famiglie.

– La precarietà dei docenti, unita al taglio di 6000 posti di lavoro previsto per il prossimo anno, crea un sistema educativo sempre più incerto e incompleto, caratterizzato da una formazione incostante ridotta esclusivamente a modalità di apprendimento frontali. L’abbiamo visto nel nostro istituto, con la professoressa Di Nardo, tolta dalle sue vecchie classi, lasciando scoperta anche una quinta, che si è trovata a dicembre senza l’insegnante di fisica e matematica, per di più in un liceo di impronta umanistica.
Questa manovra è stata attuata dal Ministero dell’Istruzione per coprire quei buchi, definiti istituzionalmente come “cattedre accantonate”, causati dal precariato, ed è stata definita come “manovra di emergenza”, con la promessa che non succederà l’anno prossimo. Oltre ad essere una soluzione estrema, priva gli studenti del loro diritto a un’istruzione dignitosa e completa. Finché queste manovre andranno a intaccare la libertà degli studenti, non avremo mai supporto se non da noi stessi, uniti per rivendicare il nostro diritto allo studio.

– La mancanza di fondi, e quindi di personale, non permette agli studenti neanche di sfruttare a pieno le strutture che la scuola offrirebbe, come laboratori e biblioteche, fondamentali per una formazione organica; solo in Toscana sono stati inoltre tagliati più di 1,5 milioni di euro all’assistenza specialistica per studenti con gravi disabilità, impedendo loro di frequentare a tempo pieno la scuola, andando quindi a minare il diritto all’istruzione, che dovrebbe essere garantito per tutti.
Nel nostro istituto abbiamo visto questi problemi molteplici volte: al Carducci piove nelle classi, nei corridoi e nei bagni; a dicembre geliamo nelle classi a causa delle finestre rotte; non possiamo andare in bagno perché mancano le porte e alle 8 di mattina siamo costretti a trovare dentro alle classi dei nidi di insetti sotto i banchi, dove dovremmo studiare.
Nessuno è mai intervenuto direttamente sulle nostre strutture, nonostante siano anni che la Provincia viene sollecitata ad agire per garantire agli studenti degli spazi vivibili, ma soprattutto in sicurezza. A fine marzo la Palazzina, una delle tre sedi succursali, verrà tolta per iniziare dei lavori di ristrutturazione che non permetteranno più l’uso della struttura, lasciando così 7 classi del Carducci senza una sede in cui stare. Le istituzioni sperano nel nostro silenzio per aspettare a fare qualcosa, ed è per questo che abbiamo deciso di smettere di agire passivamente a tutto questo.

Il diritto all’istruzione è la base della libertà di espressione: con il DDL1660, il governo criminalizza ogni forma di protesta, trasformando la partecipazione politica in un crimine. Ci teniamo a esprimere il nostro dissenso di fronte a questo attacco diretto alla democrazia mirato a soffocare il pensiero autonomo e critico quando arriva nelle piazze.

Alle inevitabili critiche, rispondiamo con fermezza: un’occupazione non è una “perdita di tempo”, ma un atto necessario e doveroso in un momento storico come questo; è un’azione forte e consapevole, che rivendica l’urgenza di un’informazione approfondita e di una formazione critica delle menti studentesche, sempre più soffocate da un sistema educativo che mortifica il pensiero e l’autonomia.

Se la scuola del governo non ci dà gli strumenti, gli stimoli e le possibilità per esprimere e sviluppare le nostre opinioni, sta a noi come singoli e come comunità studentesca agire e dire la nostra. Non ci fermeranno normative e manganelli. Il futuro lo costruiremo noi, insieme.
Il nostro governo prova a venderci queste manovre come se fossero la chiave per la valorizzazione individuale dello studente, ma è evidente che in realtà portano nella direzione opposta, omologando gli studenti che diventano solo numeri e il lavoro che faranno una volta usciti.

Il concetto di meritocrazia, inserito in un contesto elitario come quello delle scuole italiane, non fa altro che aumentare le disuguaglianze; proporre PCTO e orientamenti obbligatori toglie spazio alla nostra istruzione, cercando di farci credere che il sapere ha valore solo in base all’utile pratico che può derivarne; un’educazione civica che di civico ha poco e niente ci priva degli strumenti necessari a essere cittadini consapevoli.

È chiaro che lo scopo della scuola di questo governo è azzerare lo spirito critico, perché essere cittadini formati e informati può provocare dissenso, e quello che vogliono è invece una società di indifferenti, di persone disinformate sui propri diritti e private della voglia di reagire all’oppressione dilagante che stanno mettendo in atto. Il taglio di 500 milioni di euro alle istituzioni pubbliche a livello nazionale conferma questa volontà di depotenziamento.
Senza questi fondi, sarà impossibile costruire nuove scuole, garantire il diritto allo studio e il personale scolastico continuerà a vivere con stipendi indegni e una precarietà dilagante.