Riceviamo e pubblichiamo da Non Una Di Meno Pisa:
Dopo una serie di campagne scientificamente infondate e violente, dalla campagna contro la pillola RU486 equiparata a veleno, con la donna “Biancaneve” a terra con una mela morsa in mano (2020), e la conseguente segnalazione all’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria e la rimozione di alcuni manifesti dalle stesse amministrazioni comunali, alla campagna stop gender con l’immagine col bambino triste, rossetto e fiocco rosa (2022), di recente l’associazione antiabortista ProVita&Famiglia ha elaborato una campagna meno apertamente violenta, ma altrettanto pericolosa e fuorviante. E i manifesti sono comparsi anche a Pisa, nel centro della città.
Il manifesto rappresenta, in una sorta di arco temporale, un feto, un neonato, un giovane con sindrome di Down, un profugo, una donna incinta, un anziano e un’anziana disabile, con sotto la scritta “la vita vale sempre”.
Riteniamo questa rappresentazione pericolosa e mistificante per una pluralità di ragioni.
(1) La prima. Mettere il feto accanto a delle persone mira a nascondere, con un fine politicamente molto chiaro, una realtà innegabile: il feto non esiste di per sé, ma soltanto dentro il corpo della persona nel quale si sviluppa, e dunque le scelte relative al feto incidono sul corpo di chi lo porta e sulla sua vita. La rappresentazione grafica del manifesto richiama l’impostazione di politica legislativa dei recenti disegni di legge che propongono di attribuire capacità giuridica al concepito, proposte di legge da contrastare in quanto non tengono conto del fatto che il concepito non può essere considerato separatamente rispetto alla persona che l’ha nel corpo. Altrimenti si corre il rischio dell’imposizione di trattare la persona gestante come mera incubatrice, e non come titolare invece di capacità giuridica, e dei diritti fondamentali tra cui quello alla salute e alla libertà personale. In sostanza, la strategia è parlare del feto rendendo invisibile la persona che lo porta in grembo. Invece, il feto è sempre parte del corpo di una persona viva e che crediamo debba poter decidere per sé.
Crediamo che poter decidere sul proprio corpo e poter autodeterminare il proprio percorso di vita sia imprescindibile. La battaglia di tuttə noi deve essere quella per vivere in un contesto dove le nostre scelte sono rispettate, supportate, rese possibili, anche dalle istituzioni pubbliche e sociali. In pratica, questo deve tradursi nella possibilità di vivere maternità e genitorialità con consapevolezza e autodeterminazione. Significa garantire la possibilità di interrompere la gravidanza in modo altrettanto sereno, senza doversi scontrare con un percorso a ostacoli. Troppo spesso ci si trova davanti a giudizi violenti, a un’obiezione di coscienza che rende difficile ottenere la prestazione sanitaria cui si ha diritto, con la conseguente necessità di viaggi fuori Regione. Vogliamo poter portare avanti i nostri percorsi di vita rispetto alla scelte genitoriali e relative alla gestazione – che includono anche voler interrompere una gravidanza – senza mortificazione da parte delle istituzioni e della società.
(2) La seconda delle ragioni per cui il manifesto è da criticare è lo slogan. La vita vale sempre. Il problema è che la vita non è un valore di per sé, la vita è un continuo divenire, abitato e tessuto quotidianamente da ogni persona. E allora il punto non è se la vita vale o non vale, come fosse un diamante o un chilo di pane, ma quali sono le condizioni in cui ciascunə può tessere il proprio percorso, e cosa fare e pretendere per renderlo meno accidentato.
In questa diversa prospettiva, diventa evidente tutto il perbenismo paternalista che caratterizza l’approccio cattolico e delle destre conservatrici: donne, disabili, soggettività migranti e anziani sono unite da una narrazione patetica che le racchiude tutte in una specie omogenea, da proteggere e preservare. Un insieme di soggettività che sono narrate come incapaci di prendere singolarmente ed autonomamente la parola e avanzare rivendicazioni. La narrazione del manifesto ci sembra funzionale a identificare una categoria per minorizzarla. Allora, al di là della carità penosa, questa operazione è solo un’altra faccia dell’oppressione. La nostra prospettiva è opposta: ogni persona deve essere nelle condizioni di abitare la propria vita scegliendo per sé, senza essere oppressa. Sottolineare una caratteristica – l’essere donna, migrante, anziano, disabile – è un modo di mettere in evidenza la miriade di ostacoli che nel percorso di vita chi abita quei corpi si trova davanti, ostacoli che rendono il percorso più accidentato rispetto a quello di un maschio bianco eterosessuale.
Crediamo che di fronte a questi ostacoli lo sforzo collettivo debba essere quello di creare le condizioni perché le persone e le vite a cui questa campagna si riferisce siano ascoltate e supportate, una per una, rispetto a ciò che scelgono, e ancora prima essere messe nelle condizioni di poter scegliere. Questo significa che i bambini non devono assistere alla violenza domestica ma devono avere accesso ad un’istruzione che ne incoraggi il pensare critico. Nessuna persona deve essere costretta a prendere una barca accidentata per spostarsi dal proprio paese per poi essere lasciata a morire in mare; nessuna deve subire violenza ostetrica; le persone anziane e disabili devono avere cure e supporto adeguate a loro e non costruite sul modello del maschio bianco abile. Questo non è certo il pensiero di chi ha promosso il manifesto che critichiamo. Soltanto due esempi, il primo relativo all’educazione e il secondo al sostegno alla gravidanza. Rispetto all’istruzione, nel dicembre 2022, l’associazione ProVita&Famiglia ha diffidato le 156 scuole che hanno attivato la carriera alias; questo è uno strumento per consentire agli studenti e alle studentesse che nel loro percorso di crescita non si identificano nel genere assegnato loro alla nascita, di utilizzare nell’ambito della comunità scolastica un nome di elezione al posto di quello indicato sui documenti. Con questo regolamento le scuole riconoscono dignità al vissuto degli studenti, tentando di prevenire e contrastare stereotipi, discriminazioni e marginalizzazione. È questo un modo per realizzare uno dei doveri cardine della scuola, quello di includere le differenze e valorizzare l’unicità di ogni studente non lasciando nessuno indietro. Opponendosi a questo provvedimento, ProVita&Famiglia qualifica bambine e bambini, studentesse e studenti, come soggetti a rischio non in grado di prendere decisioni consapevoli per la propria persona.
Rispetto al sostegno alla genitorialità, nel progetto “Un Dono per la Vita” chi ha pubblicato il manifesto regala passeggini, seggiolini auto, culle, pannolini, ciucci e biberon. Crediamo invece che per creare le condizioni affinché ogni persona possa costruire il proprio percorso, sia necessario affrontare in modo ben diverso un problema strutturale come la mancanza di assistenza e sostegno per la genitorialità. Rivendichiamo l’accesso gratuito ad asili, scuole, mense e materiali per l’infanzia e reddito di libertà, ricordando che per esempio l’accesso agli asili nido non è garantito al 75% dei bambini. [1] Critichiamo un’idea di genitorialità che scarica unicamente sulle spalle delle donne tutto il lavoro di cura che si accompagna alla nascita e crescita di una/un figlia/o. Non vogliamo doni per cui dover ringraziare. Crediamo che ogni persona, indipendentemente dalla classe sociale, dall’orientamento sessuale e di genere, debba essere messa nelle condizioni di vivere libera dal bisogno e con un reddito sufficiente per poter scegliere liberamente il proprio percorso, anche se è genitore, così come ne hanno diritto i bambini e le bambine.
(3) La terza ragione di critica è il movimento politico e culturale entro cui il manifesto si inscrive, composto da una fitta rete internazionale antiabortista e transomofoba. La saldatura tra fondamentalismo e destra estrema si da proprio sul tema dell’aborto, della famiglia tradizionale e della crociata anti-gender. A tale universo ideologico, cattolico-oltranzista, si rifà oggi una parte della Lega e di Fratelli d’Italia.
Guardiamo con estrema preoccupazione il diffondersi di iniziative e manifestazioni da parte di questa pericolosa corrente anche nella nostra città, con la sponda della giunta comunale. Negli ultimi due anni abbiamo contestato diverse iniziative che si sono tenute a Pisa:
- la proiezione – patrocinata da ProVita&Famiglia – al Cinema Odeon del film americano “Unplanned” della Dominus Production, una storia ferocemente anti-abortista.
- Il convegno nazionale dell’associazione “Mantenimento Diretto-Movimento per l’uguaglianza genitoriale”, che supporta la presunta Sindrome di Alienazione Parentale, e che qualche anno fa ha sostenuto il Decreto-legge proposto dal senatore leghista Pillon.
- La scelta del Comune di Pisa, unico della Toscana a non partecipare al bando regionale sul sostegno alla parità di genere nelle scuole.
Crediamo sia fondamentale contrastare, volta per volta, incessantemente e con forza ogni disegno di legge, campagna, manifesto che tenti di erodere la possibilità per ogni persona di decidere del proprio corpo. Il potere di autodeterminazione sul corpo è infatti una condizione necessaria per una vita libera, in una società che non sia basata su relazioni violente. Crediamo che ogni spazio lasciato a questo magma di associazioni e gruppi, sia uno spazio dove idee conservatrici, pericolose e violente si diffondono. Invitiamo tutte le persone che non si riconoscono nelle idee portate avanti da ProVita&Famiglia a segnalarci ogni iniziativa in tal senso. Non deve esserci spazio per chi minaccia le nostre vite!
[1] https://www.istat.it/it/files//2022/09/Report_servizi_infanzia.pdf; https://www.ilpost.it/2020/11/29/asili-nido-italia/.